Sono e resto un uomo di sinistra
di STEFANO RODOTA'
CARO
direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o
quel che scrivo. Ma l'articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune
precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per
cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride
alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in
occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho
parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con
migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi
Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha
chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la
mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici
all'interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non
dice "non c'è problema ", non gira la testa dall'altra parte. Affronta
il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua
inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com'è andata concretamente a
finire.
La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da
Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso
solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio,
che denota in un partito l'esistenza di un soggetto fragile, insicuro,
timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella
drammatica giornata seguita all'assassinio di Giovanni Falcone,
l'esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l'immediata
elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una
quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi
Scalfaro, più d'uno nel Pds osservava che non si poteva votare il
candidato "imposto da Pannella". Mi adoperai con successo, insieme ad
altri, per mostrare l'infantilismo politico di quella reazione, sì che
poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare
sé e il Parlamento di fronte al Paese.
Incostituzionale il
Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l'esame del sangue di
costituzionalità, dobbiamo partire dai partiti che saranno
nell'imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le
minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della
bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È
folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha
documentato Repubblica nel corso di tanti anni sull'intrinseca e
istituzionale incostituzionalità dell'agire dei diversi partiti
berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con
una legge elettorale viziata di incostituziona-lità, come ci ha appena
ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le
dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai
tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro
essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il
confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti
considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e
istituzionale che stiamo vivendo.
Peraltro, una analisi seria del
modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche
quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o
di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a
tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione
dell'iter che l'ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in
rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe
chiedere come mai persone storicamente appartenenti all'area della
sinistra italiana siano state snobbate dall'ultima sua incarnazione e
abbiano, invece, sollecitato l'attenzione del Movimento 5Stelle.
L'analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o
anatemi.
Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito
l'immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha
pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del
Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano
per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un
dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre
maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno
esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente
disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo
rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato,
perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia
italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza,
forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in
questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua
distrazione con l'alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della
Rete.
Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe
pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno
sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome
al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva
una pietra tombale sull'intero Pd, ritenuto incapace di esprimere
qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio,
rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo
della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa,
convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata
verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo
strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.
(22 aprile 2013)
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