martedì 2 aprile 2013

Quel che non si sa sulla transessualità


Il percorso chirurgico per le persone transessuali 

Articolo del 01/04/2013

di Maddalena Mosconi 

psicologa-psicoterapeuta, esperta in transessualismo

Spesso quando parlo del mio lavoro una delle prime domande che mi pongono le persone che non conoscono questo tema, riguarda i risultati e le modalità degli interventi chirurgici a cui si sottopongono le persone con Disforia di Genere (d'ora in poi preferisco utilizzare questo termine piuttosto che Disturbo dell'Identità di Genere perché è meno stigmatizzante per la comunità transessuale).

Nel nostro Servizio è previsto il sostegno psicologico, durante il ricovero ospedaliero, per le persone che effettuano gli interventi chirurgici. 
I colloqui psicologici vengono svolti, nella maggior parte dei casi, nella stanza di degenza del reparto di Chirurgia Plastica (Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini), nei giorni successivi all'intervento. 
E' importante sottolineare che fin dai primi anni di attività del Servizio, gli operatori del reparto hanno ritenuto fondamentale inserire le persone MtoF nelle stanze femminili e le persone FtoM in quelle maschili. Questo ha permesso di diminuire notevolmente i livelli di ansia per persone che si trovano ad affrontare un momento cruciale della loro vita, carico di ansia, di paura e di aspettative.

Lavorare in questo settore mi ha fatto comprendere che il dolore che provano le persone transessuali rispetto al proprio corpo è di gran lunga maggiore rispetto alla paura di sottoporsi a interventi chirurgici invasivi, complessi e dall'esito incerto.
Uno dei momenti più emozionanti nel mio lavoro è quello in cui telefono per avvertire le persone che è arrivato il loro turno per l'intervento chirurgico. Più volte ho sentito urla di felicità insieme a una profonda commozione, altre volte le persone avevano bisogno di sedersi per evitare di "sentirsi male" di fronte alla notizia. 
Di solito l'intervento avviene almeno dopo due anni da quando si è intrapreso il percorso, le persone hanno iniziato già da diverso tempo la cura ormonale e anche per questo motivo si presentano secondo la loro identità di genere. 
La presenza degli organi genitali maschili per una persona MtoF o del seno per una FtoM è motivo di profonda sofferenza, disagio e senso d'inadeguatezza nel rapporto con se stesso e con gli altri.
Questo senso di estraneità rispetto agli organi genitali e alle caratteristiche sessuali secondarie del loro corpo attiva negli anni un profondo rifiuto, cui, a volte, si lega anche una forte rabbia. In alcune situazioni questa viene espressa e l'aggressività verso il proprio corpo viene agita in modo autodiretto. Molte persone mi hanno raccontato di come, nel tentativo di nascondere il pene, abbiano utilizzato mutande molto contenitive, scotch e a volte anche la colla oppure nella speranza di nascondere il seno, spesso usano fasce legate talmente strette da creare profonde piaghe. Queste procedure inevitabilmente portano a gravi lesioni del proprio corpo che comunque sono più sopportabili del dolore che deriva dal lasciare in evidenza queste parti del corpo così rifiutate.

Rispetto al percorso chirurgico l'iter che devono affrontare le persone MtoF è di gran lunga meno invasivo rispetto a quello che devono affrontare le persone FtoM. 
Per quanto riguarda le prime gli interventi fondamentali sono la mammoplastica additiva (quando il seno non si sviluppa adeguatamente con la terapia ormonale) e la vaginoplastica. 
Il primo è un intervento abbastanza semplice e, oramai, di routine. 
Il secondo è quello più complesso che solo chirurghi altamente specializzati possono effettuare. Principalmente consiste nel creare la cavità della neovagina e ricostruire le grandi e piccole labbra con la pelle del pene e dello scroto. La neovagina può avere sensibilità poiché il clitoride viene costruito con il glande. 
Questa è una delle domande che le persone mi sottopongono più volte: "Avrò sensibilità, riuscirò a provare ancora piacere sessuale?"
La risposta ha un'importanza relativa, il più delle volte queste persone sono disposte a perdere il piacere sessuale pur di riuscire a riconoscersi nel corpo tanto desiderato. Non solo, sono disposte anche a perdere la vita, tante volte mi sono sentita dire: "Sono disposta/o a tutto, anche se sarà l'ultima cosa che faccio nella vita!". Per fortuna, in questi 16 anni di esperienza, non ho mai visto nessuno morire in camera operatoria. Al contrario, nella maggior parte dei casi, le persone hanno sensibilità e riescono ad avere una soddisfacente vita sessuale. Pochi giorni fa una persona ha chiamato il nostro Servizio proprio perché ci voleva comunicare di essere riuscita a provare il suo primo orgasmo dopo l'intervento chirurgico!

Il percorso chirurgico per le persone FtoM è più lungo, nel senso che devono affrontare più interventi chirurgici. Nella primo intervento si effettua l'istero-annessectomia (rimozione dell'utero e delle ovaie) e la prima parte della adenectomia sottocutanea (rimozione del seno). La vagina, in genere, non viene rimossa perché la sua asportazione complica e prolunga la durata dell'intervento e comporta sempre una grossa perdita di sangue. 
La parte chirurgica più complessa consiste nel costruire il neofallo (l'intervento di falloplastica), anche per questo non tutti decidono di effettuarlo. Allo stesso tempo il desiderio di avere un pene è così forte che fin da molti anni prima dell'intervento le persone utilizzano delle protesi per sentire meno la sofferenza di avere organi genitali femminili. L'utilizzo di protesi non è legato solo all'avere un'attività sessuale più soddisfacente ma soprattutto a sentirsi meglio con il proprio corpo.
Dopo aver effettuato l'intervento di falloplastica la maggior parte delle volte le persone decidono di inserire una protesi peniena (come quelle usate per l'impotenza maschile), all'interno del neofallo, per poter rendere rigido l'organo costruito e in questo modo avere rapporti sessuali con penetrazione.
Per alcune persone FtoM uno dei desideri più importanti è quello di poter urinare in piedi, per questo alcuni chiedono la costruzione di una neouretra (il canale che porta la pipì) che permetta la fuoriuscita dell'urina all'apice dell'organo costruito. Questo intervento è quello che maggiormente conduce a delle complicanze, per questo motivo le persone che decidono di farlo devono entrare in camera operatoria più volte per ottenere il risultato atteso.
Altri possibili interventi che si possono effettuare sono quello d'inserimento delle protesi testicolari e quello della gladoplastica che hanno l'obbiettivo di rendere il neofallo quanto più simile a quello maschile.
Penso che aver illustrato in modo dettagliato il percorso chirurgico delle persone transessuali permetta di comprendere meglio la portata del malessere che queste persone vivono fin dall'infanzia rispetto al loro corpo.

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