Il percorso chirurgico per le persone transessuali
Articolo del 01/04/2013
di Maddalena Mosconi
psicologa-psicoterapeuta, esperta in transessualismo
Spesso quando parlo del mio lavoro una delle prime domande che
mi pongono le persone che non conoscono questo tema, riguarda i
risultati e le modalità degli interventi chirurgici a cui si
sottopongono le persone con Disforia di Genere (d'ora in poi preferisco
utilizzare questo termine piuttosto che Disturbo dell'Identità di Genere
perché è meno stigmatizzante per la comunità transessuale).
Nel nostro Servizio è previsto il sostegno psicologico, durante il
ricovero ospedaliero, per le persone che effettuano gli interventi
chirurgici.
I colloqui psicologici vengono svolti, nella maggior parte
dei casi, nella stanza di degenza del reparto di Chirurgia Plastica
(Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini), nei giorni successivi
all'intervento.
E' importante sottolineare che fin dai primi anni di
attività del Servizio, gli operatori del reparto hanno ritenuto
fondamentale inserire le persone MtoF nelle stanze femminili e le
persone FtoM in quelle maschili. Questo ha permesso di diminuire
notevolmente i livelli di ansia per persone che si trovano ad affrontare
un momento cruciale della loro vita, carico di ansia, di paura e di
aspettative.
Lavorare in questo settore mi ha fatto comprendere che il dolore che provano le persone transessuali rispetto al proprio corpo è di gran lunga maggiore rispetto alla paura di sottoporsi a interventi chirurgici invasivi, complessi e dall'esito incerto.
Uno dei momenti più emozionanti nel mio lavoro è quello in cui
telefono per avvertire le persone che è arrivato il loro turno per
l'intervento chirurgico. Più volte ho sentito urla di felicità insieme a
una profonda commozione, altre volte le persone avevano bisogno di
sedersi per evitare di "sentirsi male" di fronte alla notizia.
Di solito
l'intervento avviene almeno dopo due anni da quando si è intrapreso il
percorso, le persone hanno iniziato già da diverso tempo la cura
ormonale e anche per questo motivo si presentano secondo la loro
identità di genere.
La presenza degli organi genitali maschili per una
persona MtoF o del seno per una FtoM è motivo di profonda sofferenza,
disagio e senso d'inadeguatezza nel rapporto con se stesso e con gli
altri.
Questo senso di estraneità rispetto agli organi genitali e alle
caratteristiche sessuali secondarie del loro corpo attiva negli anni un
profondo rifiuto, cui, a volte, si lega anche una forte rabbia. In
alcune situazioni questa viene espressa e l'aggressività verso il
proprio corpo viene agita in modo autodiretto. Molte persone mi hanno
raccontato di come, nel tentativo di nascondere il pene, abbiano
utilizzato mutande molto contenitive, scotch e a volte anche la colla
oppure nella speranza di nascondere il seno, spesso usano fasce legate
talmente strette da creare profonde piaghe. Queste procedure
inevitabilmente portano a gravi lesioni del proprio corpo che comunque
sono più sopportabili del dolore che deriva dal lasciare in evidenza
queste parti del corpo così rifiutate.
Rispetto al percorso chirurgico l'iter che devono affrontare le
persone MtoF è di gran lunga meno invasivo rispetto a quello che devono
affrontare le persone FtoM.
Per quanto riguarda le prime gli interventi
fondamentali sono la mammoplastica additiva (quando il seno non si
sviluppa adeguatamente con la terapia ormonale) e la vaginoplastica.
Il
primo è un intervento abbastanza semplice e, oramai, di routine.
Il
secondo è quello più complesso che solo chirurghi altamente
specializzati possono effettuare. Principalmente consiste nel creare la
cavità della neovagina e ricostruire le grandi e piccole labbra con la
pelle del pene e dello scroto. La neovagina può avere sensibilità poiché
il clitoride viene costruito con il glande.
Questa è una delle domande
che le persone mi sottopongono più volte: "Avrò sensibilità, riuscirò a
provare ancora piacere sessuale?".
La risposta ha un'importanza
relativa, il più delle volte queste persone sono disposte a perdere il
piacere sessuale pur di riuscire a riconoscersi nel corpo tanto
desiderato. Non solo, sono disposte anche a perdere la vita, tante volte
mi sono sentita dire: "Sono disposta/o a tutto, anche se sarà l'ultima
cosa che faccio nella vita!". Per fortuna, in questi 16 anni di
esperienza, non ho mai visto nessuno morire in camera operatoria. Al
contrario, nella maggior parte dei casi, le persone hanno sensibilità e
riescono ad avere una soddisfacente vita sessuale. Pochi giorni fa una
persona ha chiamato il nostro Servizio proprio perché ci voleva
comunicare di essere riuscita a provare il suo primo orgasmo dopo
l'intervento chirurgico!
Il percorso chirurgico per le persone FtoM è più lungo, nel senso che
devono affrontare più interventi chirurgici. Nella primo intervento si
effettua l'istero-annessectomia (rimozione dell'utero e delle ovaie) e
la prima parte della adenectomia sottocutanea (rimozione del seno). La
vagina, in genere, non viene rimossa perché la sua asportazione complica
e prolunga la durata dell'intervento e comporta sempre una grossa
perdita di sangue.
La parte chirurgica più complessa consiste nel
costruire il neofallo (l'intervento di falloplastica), anche per questo
non tutti decidono di effettuarlo. Allo stesso tempo il desiderio di
avere un pene è così forte che fin da molti anni prima dell'intervento
le persone utilizzano delle protesi per sentire meno la sofferenza di
avere organi genitali femminili. L'utilizzo di protesi non è legato solo
all'avere un'attività sessuale più soddisfacente ma soprattutto a
sentirsi meglio con il proprio corpo.
Dopo aver effettuato l'intervento di falloplastica la maggior parte
delle volte le persone decidono di inserire una protesi peniena (come
quelle usate per l'impotenza maschile), all'interno del neofallo, per
poter rendere rigido l'organo costruito e in questo modo avere rapporti
sessuali con penetrazione.
Per alcune persone FtoM uno dei desideri più importanti è quello di
poter urinare in piedi, per questo alcuni chiedono la costruzione di una
neouretra (il canale che porta la pipì) che permetta la fuoriuscita
dell'urina all'apice dell'organo costruito. Questo intervento è quello
che maggiormente conduce a delle complicanze, per questo motivo le
persone che decidono di farlo devono entrare in camera operatoria più
volte per ottenere il risultato atteso.
Altri possibili interventi che si possono effettuare sono quello
d'inserimento delle protesi testicolari e quello della gladoplastica che
hanno l'obbiettivo di rendere il neofallo quanto più simile a quello
maschile.
Penso che aver illustrato in modo dettagliato il percorso chirurgico
delle persone transessuali permetta di comprendere meglio la portata del
malessere che queste persone vivono fin dall'infanzia rispetto al loro
corpo.
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