domenica 16 giugno 2013

Guerra contro le persone

tratto da http://www.nazioneindiana.com/2013/06/16/questa-e-follia-e-guerra-contro-le-persone/

Questa è follia, è guerra contro le persone

16 giugno 2013
Pubblicato da
di Helena Janeczek
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Egemen Bagis, il ministro turco per gli affari con la UE, ha annunciato ieri sera che chiunque si avvicinerà a piazza Taksim sarà «trattato dalla polizia come un terrorista». La dichiarazione sembra un avallo ex post dello stato della repressione già in atto. Le testimonianze, i video e le foto da Istanbul parlano di ustioni e piaghe causate da sostanze chimiche mischiate all’acqua degli idranti, di attacchi alle strutture di pronto soccorso, di due pesantissime irruzioni con lacrimogeni nel lussuoso Hotel Divan, rifugio per feriti e manifestanti del vicino parco Gezi. Bambini sanguinanti, un uomo travolto da una camionetta della polizia antisommossa. Impedimenti per giornalisti (anche stranieri) e personale medico di accorrere alle zone degli scontri. Traghetti e ponti sul Bosforo bloccati per chiudere l’afflusso dei manifestanti dalla parte asiatica della città.
Legge marziale, in pratica. La leader del verdi tedeschi Claudia Roth, intrappolata nell’Hotel Divan dopo lo sgombero di Gezi, ustionata in volto dai lacrimogeni (o da altro), ha parlato di follia, di guerra contro i cittadini.
La Turchia è nota per le sue violazioni dei diritti umani però non è l’Egitto di Mubarak o l’Iran dove ieri, al primo turno, è stato eletto presidente Hassan Rohani, il più moderato degli ayatollah ammessi alla competizione.
È una democrazia – con molte tare ma non un’innegabile “democratura”: tant’è che le

manifestazioni più che pacifiche contro il progetto di costruzione di un centro commerciale sul luogo del parco Gezi mostravano, al principio, una grande consonanza con le proteste diffuse nelle cosiddette democrazie avanzate: da Stoccarda alla Val di Susa. E mostrano pure inquietanti analogie nell’impiego sproporzionato della repressione poliziesca; per quanto ciò che sta accadendo in Turchia – cinque morti accertati, quasi un centinaio di avvocati arrestati ecc.- sia sinora il peggio.
Ma prima, dopo e durante Occupy Gezi, nelle ultime due settimane è avvenuto questo:
Il 1° giugno a Blockupy Francoforte, la protesta contro le politiche BCE, la testa del corteo autorizzato è stata accerchiata e tenuta per ore sotto scacco. L’uso massiccio di spray urticanti e di manganelli ha causato ca 300 feriti, alcuni piuttosto gravi. Anche in quel caso diversi volontari sanitari parlano di impedimenti a prestare soccorso.
In Italia la sentenza assolutoria per la polizia sulla morte di Stefano Cucchi è arrivata in contemporanea con le teste lacerate degli operai e del sindaco di Terni in corteo contro la chiusura dell’acciaieria. Mentre in Turchia partiva lo sgombero di piazza Taksim e parco Gezi, la Cassazione ha confermato, riducendo i risarcimenti alle parti lesi, della sentenza su Bolzaneto e le violenze alla scuola Diaz.
A ridosso di tutto questo, si è scoperto il gigantesco programma di spionaggio “Prism” voluto da Obama, il governo greco ha deliberato la chiusura della tv e radio di Stato ERT, arrivando a chiudere il segnale nel giro di poche ore e mandando la polizia antisommossa a difendere la propria decisione. A Saõ Paolo del Brasile, paese economicamente emergente al pari della Turchia, la protesta per l’aumento dei prezzi del trasporto pubblico ha causato una repressione poliziesca molto dura, con 250 arresti e 50 feriti.
L’eccesso di impiego della forza di polizia è una ormai una costante planetaria – in tutta Europa come a New York e negli Usa – e questo sia nel caso che vi sia stata violenza da parte dei manifestanti sia quando le pratiche di resistenza passiva sono state portate avanti senza alcun cedimento. Ma rappresenta soprattutto una costante che tutte queste proteste nascono dalla volontà popolare di difendere dei beni comuni (lo sono sia gli alberi dei parchi e le valli subalpine che i biglietti degli autobus) o di arginare il potere di poteri sottratti al controllo democratico, come le istituzioni bancarie e monetarie. Non c’è nessuna volontà di sovvertimento rivoluzionario- eppure i governi democratici di vario stampo e colore politico difendono a forza di lacrimogeni, manganelli o proiettili di gomma i “flussi” (ossia gli interessi mobili e flessibili) contro i “territori” (e la gente che ci abita), come Marco Revelli cerca di circoscrivere questa nuova forma del conflitto ai tempi della globalizzazione e della sua crisi.
Oggi a Istanbul le proteste cercheranno di dirigersi nuovamente verso i luoghi tabù sgomberati e, visto che è stata indetta pure una manifestazione pro-Erdogan e in molti quartieri nella notte si sono erette barricate, la giornata potrebbe evolversi in modo assai peggiore di ieri. Finora non sono arrivate critiche decise né dall’Unione Europea, né da Barack Obama, entrambi vincitori di un Premio Nobel per la Pace che appare sempre più tragicomico.
Barbara Spinelli, riferendosi principalmente a “Prism”, ha parlato di ostilità dei governanti e di “paura del popolo”. Il popolo, ovunque esso si trovi, sta incontrando sempre più motivi per ricambiare.
Ps. Mi sono certo dimenticata qualche voce del triste elenco. Ma non dimentico di segnalare questa lettera bellissima di Gianluca d’Ottavio che vive a Istanbul e si occupa di turismo.
Pps. L’immagine sopra ritrae la polizia mentra da fuoco all’albero del Parco Gezi nel quale gli occupanti avevano iscritto i loro auspici e desideri.

Non può essere solo la globalizzazione dei profitti

Joseph E. Stiglitz - E' giunto il momento che le multinazionali paghino imposte eque ed adeguate

Riprendendo una recente dichiarazione del presidente di Apple Tim Cook sul caso Irlanda secondo cui la sua compagnia ha pagato tutte le tasse imposte per legge, Joseph Stiglitz in Globalisation isn't just about profits. It's about taxes too - articolo per The Guardian del 27 maggio - precisa come Apple non ha pagato tutte le imposte che avrebbe dovuto, ma ha sfruttato un sistema in cui le multinazionali impiegano enormi risorse per sfruttare la legislazione migliore e pagare il meno possibile.
Mentre la Corte suprema americana, nel caso Citizens United case, ha sostenuto come le corporazioni devono essere trattati come le persone fisiche nel pagamento delle imposte, questa finzione legale è totalmente inapplicata per le multinazionali che possono evitare questo senso di responsabilità morale attraverso la loro capacità di essere ovunque nel mondo a vendere i loro prodotti ed ottenere profitti. Apple e Google, prosegue nella sua analisi il premio Nobel per l'economia, beneficiano da quello che le società occidentali hanno da offrire - lavoratori specializzati nelle migliori università del mondo, generose donazioni alla ricerca da parte di contributi statali e protezione ad i diritti di proprietà – oltre alla possibilità di de-localizzare la produzione in paesi dove i costi del lavoro sono molto inferiori.
Nonostante tutti questi benefici, questi giganti industriali non hanno nessuna limitazione a comportarsi da free rider, attingendo in modo generoso dalle risorse del sistema di welfare state interno, senza però contribuire in modo adeguato ad esso. Senza il supporto pubblico, sostiene Stiglitz, l'innovazione e la crescita finirebbe e non è affatto vero come sostengono alcuni economisti che maggiori tasse sulle multinazionali diminuirebbero gli investimenti: come ha dimostrato il caso di Apple, la società può finanziare quello che vuole attraverso il pagamento dei dividendi e gli investimenti sono detraibili e quindi non relazionati al livello di imposte.
E' tempo per questo che la comunità internazionale guardi la realtà di un sistema che non funziona ed inizi ad apportare delle soluzioni efficaci ad un'immensa distorsione creata da un regime di tassazione a livello mondiale che Stiglitz giudica “disonesto”. E' un sistema creato per produrre nuove diseguaglianze sociali – con Usa e Regno Unito in prima fila – e l'elemento più triste è che è stato il settore pubblico a generarlo e trasformare l'America non nella terra delle opportunità, ma un paese in cui un bambino ha il suo futuro segnato dalla condizione sociale della propria famiglia come nessun altro paese sviluppato al mondo.
La globalizzazione ha reso gli stati interdipendenti e le multinazionali sono gli unici beneficiari - il sistema non agevola certo i lavoratori che in occidente hanno visto più che dimezzato il loro potere d'acquisto – anche grazie ad un regime di tassazione che permette loro di evadere le loro responsabilità sociali. Gli Usa non hanno certo un sistema di imposte che funziona se Apple è in grado di spostare i proventi all'estero per evitare la tassazione della California, sfruttando il margine di manovra che si crea quando la fonte del valore aggiunto è prodotto dalla proprietà intellettuale. Ma l'unica riforma efficace per rendere le multinazionali partecipi in modo equo della vita sociale della collettività deve avvenire a livello globale: in assenza di un accordo internazionale sulla tassazione dei profitti delle multinazionali, ogni paese che dovesse minacciare di imporre imposte oneste verso queste aziende sarebbe punito in modo eccessivo con la produzione che semplicemente si sposterebbe.
Il problema è grave e richiede quindi una riforma globale: Google e Apple assumono i migliori avvocati al mondo per studiare tutti i stratagemmi esistenti su come evitare le tasse all'interno della legislazione vigente. Si deve porre fine a questo sistema. Del resto, perché mai i contribuenti in Germania devono aiutare ad evitare il fallimento finanziario dei paesi del sud Europa e mantenere in piedi un sistema che permette alle aziende multinazionali di evadere il sistema di tassazione?
Compagnie come General Electric da anni compiono azioni di lobbying per creare disposizioni normative che permettano di aggirare il sistema di tassazione e di far rientrare i soldi negli Usa ad un tasso molto basso. Il fatto che anche le nuove multinazionali come Apple e Google continuino ad assumere gli stessi comportamenti dimostra, conclude il premio Nobel per l'economia, come il sistema della globalizzazione attuale non funziona e deve essere cambiato.

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=83&pg=4821