domenica 20 maggio 2012

Annientare la crisi economica si può! (parte 2)


Un esempio di innovazione tecnologica è il baco da seta, produttore di un polimero naturale non tossico che troviamo già nell’ecosistema. Attualmente i polimeri sono prodotti dall’industria petrolchimica, e ciò ha privato l’agricoltura di milioni di tonnellate di fertilizzante (i vermi convertono le foglie in nutrimento per la terra). Un’impresa cinese ha ripreso questo processo naturale e lo ha utilizzato nel settore manifatturiero per rigenerare e mantenere la fertilità dei terreni e garantire la sicurezza alimentare (e per una popolazione mondiale in crescita ciò diventa fondamentale). 

Altro esempio: la tela del ragno. Un gruppo di ricercatori della Oxford University studiando in che modo il ragno produce e ricicla la sua tela ha progettato, e produce oggi, conduttori per la rigenerazione di nervi e tessuti ossei, filamenti per suture mediche, e un materiale utilizzato per sostituire il titanio in svariati prodotti come rasoi o componenti degli aerei. Ciò significa meno energia per produrre (pensiamo all’attuale ciclo produttivo del titanio), meno dipendenza dai combustibili fossili, e meno aumento dei gas serra. E ovviamente, la rigenerazione dei terreni a vantaggio dell’agricoltura, e posti di lavoro. 

Altro esempio già in essere. Se isoliamo la CO2 emessa dalla produzione di una centrale elettrica basata sul carbone possiamo solo ridurre l’inquinamento. Se però usiamo la capacità di trattenere l’acqua e produrre alghe dalla CO2 emessa dalle centrali idroelettriche esistenti ne trarremo il doppio vantaggio di eliminare le emissioni e produrre biocarburante. Il novanta per cento dell’infrastruttura per fare ciò è già pronto e finanziato, richiede oggigiorno solo una piccola aggiunta in termini di investimento e un nuovo flusso di capitali per il biocarburante che sarebbe più che compensativo dei costi se compariamo ciò con l’imissione di CO2 relativa all’industria del petrolio. 

In Brasile con questo approccio sono riusciti a produrre quattro flussi di denaro:

Carbon Credits (certificato negoziabile che rappresenta il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio, ha lo scopo di riequilibrare le emissioni a livello globale con l’obiettivo di ingenerare nuovi meccanismi di mercato e guidare i processi industriali e commerciali in una direzione che generi il piu basso impatto di emissioni possibile);
- utilizzo alimentare della spirulina (un’alga usata fin dall’antichità);
- carburanti prodotti da lipidi e acidi delle alghe;
- utilizzo nell’industria cosmetica.

La gestione della odierna mole di rifiuti prodotta dall’uomo (specialmente da agricoltura), tramite questo approccio, trova profonda ispirazione osservando il comportamento della natura e dell’ecosistema. Come nel caso dello zucchero. 
Il contenuto di zucchero nella canna è del 10-15 per cento. Ogni tonnellata di zucchero produce solo il 10-15 per cento di biomassa. Il resto sono rifiuti conosciuti come “bagasse” (il residuo della pianta). La bagasse è generalmente incenerita e fornisce una scarsa risorsa energetica. Mentre i sistemi naturali raramente utilizzano il fuoco come una risorsa energetica, noi umani utilizziamo il fuoco per ogni cosa. Per noi “bruciare” sembra spesso il modo migliore di progredire, ma ignoriamo che esistono opzioni migliori. 

La sola componente della bagasse che realmente fornisce energia è la lignina (sostanza polimerica amorfa formante con la cellulosa le cellule legnose nei vegetali, ndt). Il resto, cellulosa ed emicellulosa producono emissionii massicce di CO2 poiché tali sostanze bruciano senza contribuire in maniera proficua al riscaldamento delle case, ecc. 
Per ripensare in “senso ecologico” all’utilizzo della bagasse bisogna puntare su imprese che da esse producano carta e cartone. Certo l’industria della carta arguisce che non è un buon tipo di fibra, ma se vediamo i nuovi sistemi di produzione capiamo che una tale miopia deriva da decenni di ricerca e sviluppo, e soprattutto che ciò non solo è fattibile ma persino conveniente. 
Questa fibra tropicale non incide nella catena produttiva della carta, le cui maggiori scorte derivano da alberi come pini ed eucalipti, presenti massicciamente in tutto il mondo. 

In ogni caso, un rapido calcolo produce alcune straordinari dati. Alla velocità di 15-30 tonnellate all’anno per acro la bagasse fornisce 100-200 tonnellate di fibre, contro i 7 anni richiesti agli alberi di pino per raggiungere la maturità. In termini di fibre la canna da zucchero vince persino sui migliori alberi di pino geneticamente modificati. Carta o inquinamento dunque? 

Gli impianti solari poi, sono già una industria emergente e con ottimi proventi in Spagna. Dal 2050 gli investimenti annuali sugli impianti solari supereranno i 100 miliardi di dollari creando più di 2 milioni di posti di lavoro ed evitando l’emissione di 2,1 miliardi di CO2 nell’atmosfera. 

Altro esempio di tecnologia in sviluppo è quella dei vortici. Un vortice può rimuovere aria, sale e altre impurità utilizzando la sola forza di gravità. La tecnologia dei vortici permette per esempio, in palazzi di dieci piani, all’acqua di scorrere nei bagni di appartamenti sottostanti per essere riutilizzata riducendo notevolmente lo spreco d’acqua. 
Dallo sviluppo di tale tecnologia ne trarrebbe vantaggio anche l’industria chimica utilizzandola per purificare l’acqua da contaminanti vari. 

Altro esempio ancora. La produzione d’un elettrodomestico come il frigo. Per creare ghiaccio ha bisogno sia di acqua sia di aria, e prevede un notevole consumo di energia. Allo stesso modo che per gli impianti sportivi per il pattinaggio, l’hokey. 
Molte famiglie hanno notevoli costi di energia per mantenere tali elettrodomestici, così come molte città hanno costi spropositati per gli impianti. Con la tecnologia del vortice viene eliminata l’aria nella fase di produzione del ghiaccio con un notevole contributo in termini di risparmio energetico annuale, riduzione dei costi e delle emissioni di gas serra. 

Altro esempio. Un’iniziativa dell’impresa Carmenza Jaramillo in cooperazione con l’Associazione dei coltivatori di caffé ha dimostrato le possibilità, dei rifiuti delle biomasse di imprese agricole di caffé, di produrre cibo, dando prova che dai rifiuti agricoli è possibile generare flussi di denaro e lavoro, salvaguardando allo stesso tempo quella sicurezza alimentare fondamentale per la specie umana. 

La ricerca, partita nel 1994 dal lavoro pioneristico del professor Shu-thing Chang dell’Università Cinese di Hong Kong, mostra come alcune specie di funghi siano coltivati su un substrato di rifiuti di caffé e scarti di alberi di quercia. 
Ivana Milenkovic dell’Università di Belgrado ha contribuito alla ricerca scientifica stabilendo che dopo la raccolta dei funghi il substrato può essere consumato come cibo per gli animali. L’approviggionamento di funghi e le proteine animali aumentano le entrate economiche. Questo sistema ha impatti positivi sull’approvigionamento di cibo e crea un notevole sviluppo economico locale. 
Come risultato oggi si stima che 10 mila persone hanno trovato lavoro in modo diretto o indiretto in questo indotto, come per la distribuzione o il packaging. 

In Zimbawe invece, il programma per risollevare dalla povertà gli orfani con capofila Chido Govero, prevede uno sviluppo di posti di lavoro che supera i 50 milioni se tutte le aziende di caffé attorno al mondo applicheranno questo approccio a cascata per la fertilizzazione dei terreni. E se tale programma venisse esteso alle aziende agricole produttrici di tè e mele il potenziale occupazionale salirebbe a 100 milioni di posti di lavoro. 

Per rendere l’idea dobbiamo immaginare che la capacità potenziale di generare cibo supererebbe la quantità di tonno prodotta oggi nel mondo. Molti progetti introdurranno la Blu Economy. 

Gli imprenditori intorno al mondo stanno cercando i modi di utilizzare i principi della fisica e della chimica della natura attraverso il “metodo a cascata” e la produzione di energia in piena armonia e tramite riciclo. Stanno accumulando ricchezza, generando valore e fornendo lavoro utilizzando ciò che è già sviluppabile in termini di impresa. 

Nella Blu Economy i modelli insostenibili di produzione e consumo verranno superati ed eliminati. Il ciclo vizioso di sfruttamento dei lavoratori e del Pianeta, con la sempre più massiva produzione di emissioni carboniche, cesserà. Diventerà un ciclo virtuoso che utilizzerà ciò che è sviluppabile, che accresce il capitale sociale, e incrementa quell’innovazione del mercato che aiuterà a far incontrare i bisogni fondamentali di tutti.    
  
fonte: Ode, Copenaghen Climate Conference Special Ediction, 2010


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