domenica 20 maggio 2012

Annientare la crisi economica si può! (parte 1)

Oggi condivido un articolo che tratta della Blu Economy: il modo più semplice e naturale per governare serenamente l'esistenza mondiale dei regni animale, vegetale, minerale.


Dalla natura i sistemi per innovare,

migliorare la salute umana e creare lavoro

 

Di Gunter Pauli (traduzione: Andrea Spartaco)


Il salto dell’umanità verso la sostenibilità richiede molto più che il solo svilupparci con caratteristiche ecologiche o programmi di riciclo dei rifiuti. Possiamo parlare concretamente di sostenibilità quando progettiamo i nostri sistemi di vita guardando al modo in cui si evolve e funziona l’ecosistema. Guardando alle connessioni dell’ecosistema, alla creazione di reti di reti dove ognuna contribuisce al meglio delle sue abilità, all’operare attraverso principi gestionali consapevoli dei limiti del consumo di territori ed energia.
L’economia tradizionale pensa che solo la concezione industriale del lavoro possa accrescere la produttività. La natura fa meglio.

In tempo di crisi con milioni di posti di lavoro persi abbiamo bisogno di mettere in moto la maccchina del “lavoro blu”. La natura e i sistemi in essa già presenti ci mostra il modo giusto, per il pianeta e le future generazioni, di sviluppare l’economia e produrre posti di lavoro.

Oggi sappiamo che i modelli di mercato hanno fallito. I modelli fondati sul surplus inutile e sulla finanza creativa hanno solo aumentato il debito pubblico e la contaminazione di suoli e acqua, portandoci al collasso. Hanno fallito anche i modelli e il business della Green Economy e l’idea che se i consumatori pagano di più per ridurre il consumo di petrolio e carbone e il loro impatto sull’ecosistema, si fanno più affari e si produce più capitale. 

Quando i governi combattono il debito pubblico e milioni di persone non sono più sicure di trovare un lavoro, come possono essere motivate a spendere? 
E la logica del “far meno danni”, come sostituire con un’alternativa meno tossica un processo tossico. Un esempio è l’approccio dei miliardi di dollari investiti in batterie meno tossiche e più longeve. In sostanza le industrie ricevono agevolazioni finanziarie per inquinare meno ma continuano a inquinare. Meno non significa “non inquinare”. 

La Blue Economy ripensa questa idea distorta di sviluppo economico come già fatto sull’emisione di cfc dannosi per lo strato di ozono e per la conservazione della nostra specie e perciò eliminati e sostituiti con altro (con notevole impatto di mercato). In tal senso Lìla Blu Economy supera la Green Economy perché quest’ultima non è programmata sulla salute pubblica o su investimenti che offrono la possibilità di preservare i territori e la loro stessa economia. La Blu Economy, invece, si fonda sulla messa in gioco di quelle regole e processi di buon senso già presenti in natura. È identica nel “primo” come nel “terzo mondo”, e produce reddito piuttosto che promesse. Produce lavoro. 

Il biomimetismo è un esempio: ha già mostrato come la natura può insegnarci a fare economia. 
Nella Blu Economy la sostenibilità è sostituita da tecnologie innovative in un sistema che integra abitanti e territori. 
Ogni territorio ha bisiogno di analisi pragmatiche per ottenere sostenibilità ed efficienza delle risorse. 
I principi della Blu Economy sono già stati adottati dal mercato, la sostenibilità si ottiene creando un valore economico. 
Il business può diventare più efficiente, produrre posti di lavoro, diminuire i costi sociali e rischi di conaminazione ambientale. 
L’impresa può esser sviluppata in modo sostenibile offrendo lavoro, prodotti validi ed equità sociale. 

La Blu Economy si articola su una serie di principi. Principio centrale è produrre cibo ed energia come fanno le cascate in natura. Una cascata non richiede potenza, scorre con la forza di gravità. Trasporta nutrienti attraverso differenti “regni biologici”, assorbe minerali cibandosi di microrganismi, ma poi i microrganismi si cibano di piante, le piante di altre specie, e i rifiuti dell’uno diventano cibo per un altro. 
Questo approccio ci guida verso una sostenibilità ottenuta attraverso la riduzione o l’eliminazione degli imput di energia e dei rifiuti prodotti, oltre che dei suoi costi non solo in termini di contaminazione ma anche come uso inefficiente dei materiali. 
Nell’ecosistema non esiste il rifiuto (così come lo ha concepito l’uomo), perché in natura dallo scarto di un processo nascono gli imput per un altro processo. E in natura prosperano altri principi conformi a quella che chiamiamo “gestione sostenibile”.

Come:

- tutti gli aspetti sono sostenibili; 
- le tossine sono contenibili;
- utilizzare ciò che è localmente sviluppabile tenendo conto che le risorse energetiche dipendono dalle leggi della fisica;
- rispondere ai bisogni umani e ambientali;
- sviluppare un alto livello di efficienza energetica;
- stimolare flussi di reddito multipli (diverse tipologie di attività creano un ritorno sugli investimenti);
- non abbandonare rifiuti, ogni cosa genera valore;
- ognuno di noi gioca un ruolo chiave;
- utilizzare un “insieme di innovazioni” per risolvere un “problema di sistema”.

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