Oggi condivido un articolo che tratta della Blu Economy: il modo più semplice e naturale per governare serenamente l'esistenza mondiale dei regni animale, vegetale, minerale.
Dalla natura i sistemi per innovare,
migliorare la salute umana e creare lavoro
Di Gunter Pauli (traduzione: Andrea Spartaco)
Il salto dell’umanità verso la sostenibilità richiede molto più che il solo svilupparci con caratteristiche ecologiche o programmi di riciclo dei rifiuti. Possiamo parlare concretamente di sostenibilità quando progettiamo i nostri sistemi di vita guardando al modo in cui si evolve e funziona l’ecosistema. Guardando alle connessioni dell’ecosistema, alla creazione di reti di reti dove ognuna contribuisce al meglio delle sue abilità, all’operare attraverso principi gestionali consapevoli dei limiti del consumo di territori ed energia.
L’economia tradizionale pensa che solo la concezione industriale del 
lavoro possa accrescere la produttività. La natura fa meglio.
In tempo 
di crisi con milioni di posti di lavoro persi abbiamo bisogno di mettere
 in moto la maccchina del “lavoro blu”. La natura e i sistemi in essa 
già presenti ci mostra il modo giusto, per il pianeta e le future 
generazioni, di sviluppare l’economia e produrre posti di lavoro.
Oggi 
sappiamo che i modelli di mercato hanno fallito. I modelli fondati sul 
surplus inutile e sulla finanza creativa hanno solo aumentato il debito 
pubblico e la contaminazione di suoli e acqua, portandoci al collasso. 
Hanno fallito anche i modelli e il business della Green Economy e l’idea
 che se i consumatori pagano di più per ridurre il consumo di petrolio e
 carbone e il loro impatto sull’ecosistema, si fanno più affari e si 
produce più capitale. 
Quando i governi combattono il debito pubblico e 
milioni di persone non sono più sicure di trovare un lavoro, come 
possono essere motivate a spendere? 
E la logica del “far meno danni”, 
come sostituire con un’alternativa meno tossica un processo tossico. Un 
esempio è l’approccio dei miliardi di dollari investiti in batterie meno
 tossiche e più longeve. In sostanza le industrie ricevono agevolazioni 
finanziarie per inquinare meno ma continuano a inquinare. Meno non 
significa “non inquinare”. 
La Blue Economy ripensa questa idea distorta 
di sviluppo economico come già fatto sull’emisione di cfc dannosi per lo
 strato di ozono e per la conservazione della nostra specie e perciò 
eliminati e sostituiti con altro (con notevole impatto di mercato). In 
tal senso Lìla Blu Economy supera la Green Economy perché quest’ultima 
non è programmata sulla salute pubblica o su investimenti che offrono la
 possibilità di preservare i territori e la loro stessa economia. La Blu
 Economy, invece, si fonda sulla messa in gioco di quelle regole e 
processi di buon senso già presenti in natura. È identica nel “primo” 
come nel “terzo mondo”, e produce reddito piuttosto che promesse. 
Produce lavoro. 
Il biomimetismo è un esempio: ha già mostrato come la 
natura può insegnarci a fare economia. 
Nella Blu Economy la sostenibilità
 è sostituita da tecnologie innovative in un sistema che integra
 abitanti e territori. 
Ogni territorio ha bisiogno di analisi 
pragmatiche per ottenere sostenibilità ed efficienza delle risorse. 
I 
principi della Blu Economy sono già stati adottati dal mercato, la 
sostenibilità si ottiene creando un valore economico. 
Il business può 
diventare più efficiente, produrre posti di lavoro, diminuire i costi 
sociali e rischi di conaminazione ambientale. 
L’impresa può esser 
sviluppata in modo sostenibile offrendo lavoro, prodotti validi ed 
equità sociale. 
La Blu Economy si articola su una serie di principi. Principio centrale è produrre cibo ed energia come fanno le cascate in 
natura. Una cascata non richiede potenza, scorre con la forza di 
gravità. Trasporta nutrienti attraverso differenti “regni biologici”, 
assorbe minerali cibandosi di microrganismi, ma poi i microrganismi si 
cibano di piante, le piante di altre specie, e i rifiuti dell’uno 
diventano cibo per un altro. 
Questo approccio ci guida verso una 
sostenibilità ottenuta attraverso la riduzione o l’eliminazione degli 
imput di energia e dei rifiuti prodotti, oltre che dei suoi costi non 
solo in termini di contaminazione ma anche come uso inefficiente dei 
materiali. 
Nell’ecosistema non esiste il rifiuto (così come lo ha 
concepito l’uomo), perché in natura dallo scarto di un processo nascono 
gli imput per un altro processo. E in natura prosperano altri principi conformi a quella che chiamiamo “gestione sostenibile”.
Come:
- tutti gli aspetti sono sostenibili; 
- le tossine sono contenibili;
- utilizzare
 ciò che è localmente sviluppabile tenendo conto che le risorse 
energetiche dipendono dalle leggi della fisica;
- rispondere ai bisogni 
umani e ambientali; 
- sviluppare un alto livello di efficienza energetica; 
- stimolare flussi di reddito multipli (diverse tipologie di attività creano un ritorno sugli investimenti); 
- non abbandonare rifiuti, ogni cosa genera valore; 
- ognuno di noi gioca un ruolo chiave; 
- utilizzare un “insieme di innovazioni” per risolvere un “problema di sistema”.
 
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