Spostare gli israeliani in Iran
Visto che il presidente iraniano ha avanzato la proposta di
trasportare gli ebrei in Germania o in Austria, e siccome pare che gli europei
non abbiano a disposizione spazio sufficiente per ospitare i 6 milioni di
persone che vivono oggi in Israele, mi sento di suggerire un’alternativa:
spostare la popolazione ebraica sistemandola in Iran, cosicché il governo
israeliano possa costruire un suo Stato indipendente nella provincia iraniana di
Isfahan. Ho mille buone ragioni che potranno convincervi della validità di
questa iniziativa, e spero che vengano prese seriamente in considerazione.
1. Il governo iraniano ha a cuore la Palestina come nessun altro Stato al mondo. Perfino i palestinesi stessi non si preoccupano di risolvere la questione israelo-palestinese quanto se ne preoccupano gli iraniani. Ed è esattamente per questa nostra solidarietà che spendiamo all’incirca il 30% del nostro budget annuale per aiutare Palestina, Libano, Siria e altri paesi, di modo che possano continuare a combattere Israele. Se gli ebrei venissero a stare in Iran, il costo della vita sarebbe di gran lunga inferiore a quello che paghiamo ora per distruggere Israele. Potremmo cedere agli ebrei israeliani alcune zone della provincia di Isfahan, dove peraltro è vissuta una comunità ebraica per migliaia di anni, in modo tale che lì possano vivere felici e contenti.
2. Come dicevo, ogni anno spendiamo miliardi di dollari in armamenti e spese militari per prepararci a distruggere Israele. Perfino la nostra animosità nei confronti degli Stati Uniti ha come origine Israele. Ospitare in Iran gli ebrei d’Israele risolverebbe anche il più grande grattacapo della nostra politica estera. Se dovessimo realizzare questo progetto, allora i palestinesi, i libanesi, ma anche la popolazione musulmana più in generale, ci sarebbero riconoscenti del fatto che gli abbiamo restituito la Palestina. Anche i nostri rapporti con l’Europa e gli Stati Uniti migliorerebbero. E, infine, non dovremmo più temere Israele, perché a quel punto gli israeliani sarebbero nostri connazionali.
3. Al momento, Israele conta circa 6.2 milioni di abitanti, un numero che equivale a un terzo degli abitanti di Teheran. Quindi non ci creerebbe alcun disagio sommare alla nostra popolazione quella di Israele. C’è un fatto da tener presente: anche se l’Iran attualmente ha 73 milioni di abitanti, il Ministero dell’interno ha reso noto di aver emesso 90 milioni di carte d’identità! Perciò, nei nostri calcoli e censimenti, c’è già una differenza di 30 milioni. Se così stanno le cose, aggiungerne altri 6 non inciderebbe granché sul conteggio totale. E inoltre questi cittadini acquisiti non influenzerebbero più di tanto i risultati dei nostri processi elettorali, perché se 30 milioni di voti mancanti non hanno rilevanza, non è un azzardo ipotizzare che 6 milioni di voti aggiunti non farebbero una gran differenza sul voto.
4. Sappiamo che gli immigrati iraniani in Israele costituiscono un’importante comunità. Quindi, se gli ebrei israeliani dovessero venire in Iran, quei nostri ebrei sarebbero un ottimo tramite con gli israeliani e anche i nostri rapporti sarebbero migliori. Inoltre, l’attuale presidente di Israele, Moshe Ghasab (ghasab in persiano significa macellaio), è nato in Iran e potrebbe conservare la sua carica una volta trasferitosi da noi. Attuare questo piano, cioè accogliere Israele in Iran, non solo metterebbe fine una volta per tutte alle nostre incomprensioni, ma permetterebbe a molti ebrei iraniani sparsi in Europa e negli Stati Uniti di tornare in tutta sicurezza in Iran. Questo poi farebbe entrare nelle casse dell’Iran una gran quantità di denaro fresco, e gli imprenditori ebrei potrebbero tuffarsi in ogni genere di affare senza la paura di essere tassati o di subire qualche altro tipo di controllo fiscale.
5. Oltre agli iraniani, credo che l’unico popolo ad avere altrettanti contrasti con gli arabi siano gli ebrei di Israele, e su questo punto iraniani e israeliani la pensano allo stesso modo. D’altro canto, gli iraniani non ce l’hanno con gli ebrei, ma con lo Stato di Israele. Quindi, se Israele fosse parte integrante dell’Iran, il problema sarebbe facilmente risolto. E se ciò si verificasse, allora con l’aiuto dei nostri amici ebrei potremmo perfino combattere i nostri nemici storici, ovvero gli arabi.
6. Spostare Israele in Iran è una mossa approvata sia dagli Hezbollah e dai moralisti dottrinari iraniani, sia dai moralisti e dagli ideologi israeliani. Infatti, l’unico altro popolo, oltre al nostro, che è particolarmente sensibile alle questioni morali, al velo,1 alla lotta alla corruzione e a tutto il resto, è quello degli ebrei conservatori di Israele. Sono convinto che, se dovessero unirsi a noi, gli ebrei israeliani non avrebbero nulla in contrario al velo obbligatorio, al divieto di bere alcolici e alle restrizioni morali che sono d’uso corrente nella Repubblica Islamica. L’unico inconveniente che potrebbe verificarsi riguarda, ovviamente, l’eventualità che i fondamentalisti israeliani e iraniani uniscano le loro forze ed esercitino pressioni sugli iraniani laici e moderati.
7. Da un punto di vista storico, gli ebrei hanno vissuto più a lungo in Iran che a Gerusalemme. Quindi c’è anche una solida ragione storica alla base di questo spostamento.
8. Uno dei punti su cui gli ebrei sono più sensibili è la moschea al-Aqsa.2 Dal momento che le città iraniane sono piene di moschee al-Aqsa – in effetti ce n’è una ogni metro quadrato in tutte le città dell’Iran – potremmo regalargliene qualcuna mettendo così la parola fine anche a questo problema.
9. Uno dei maggiori inconvenienti cui Israele deve far fronte è la scarsità di territorio. Al contrario, l’Iran ha grande abbondanza di spazio. Mettiamola in questi termini: il nostro è un paese molto vasto con zone disabitate. Per rendere questa migrazione definitiva, potremmo usare il denaro che i due governi spendono per combattersi, per acquistare enormi quantità di terreno fra le città di Isfahan e Yazd e far così insediare i 6 milioni di ebrei in quelle terre. Et voila!
10. Credo che questa mossa possa avere un effetto positivo anche su gran parte delle difficoltà che affliggono il Medio Oriente e il mondo più in generale. Se, tuttavia, continuassimo ad avere complicazioni perfino dopo aver realizzato quest’idea, o se dovessero nascere delle difficoltà che al momento sono imprevedibili, potremmo pur sempre combatterci dentro casa. Una guerra a così poca distanza è più conveniente sia per loro che per noi, perché non avremmo più bisogno di armi nucleari né di missili a lunga gittata. Potremmo dar vita a una battaglia fatta solo con l’artiglieria e i carri armati, riducendo così le nostre spese militari. E una guerra di questo tipo, poi, non metterebbe in ansia nessun altro paese.
1. Il governo iraniano ha a cuore la Palestina come nessun altro Stato al mondo. Perfino i palestinesi stessi non si preoccupano di risolvere la questione israelo-palestinese quanto se ne preoccupano gli iraniani. Ed è esattamente per questa nostra solidarietà che spendiamo all’incirca il 30% del nostro budget annuale per aiutare Palestina, Libano, Siria e altri paesi, di modo che possano continuare a combattere Israele. Se gli ebrei venissero a stare in Iran, il costo della vita sarebbe di gran lunga inferiore a quello che paghiamo ora per distruggere Israele. Potremmo cedere agli ebrei israeliani alcune zone della provincia di Isfahan, dove peraltro è vissuta una comunità ebraica per migliaia di anni, in modo tale che lì possano vivere felici e contenti.
2. Come dicevo, ogni anno spendiamo miliardi di dollari in armamenti e spese militari per prepararci a distruggere Israele. Perfino la nostra animosità nei confronti degli Stati Uniti ha come origine Israele. Ospitare in Iran gli ebrei d’Israele risolverebbe anche il più grande grattacapo della nostra politica estera. Se dovessimo realizzare questo progetto, allora i palestinesi, i libanesi, ma anche la popolazione musulmana più in generale, ci sarebbero riconoscenti del fatto che gli abbiamo restituito la Palestina. Anche i nostri rapporti con l’Europa e gli Stati Uniti migliorerebbero. E, infine, non dovremmo più temere Israele, perché a quel punto gli israeliani sarebbero nostri connazionali.
3. Al momento, Israele conta circa 6.2 milioni di abitanti, un numero che equivale a un terzo degli abitanti di Teheran. Quindi non ci creerebbe alcun disagio sommare alla nostra popolazione quella di Israele. C’è un fatto da tener presente: anche se l’Iran attualmente ha 73 milioni di abitanti, il Ministero dell’interno ha reso noto di aver emesso 90 milioni di carte d’identità! Perciò, nei nostri calcoli e censimenti, c’è già una differenza di 30 milioni. Se così stanno le cose, aggiungerne altri 6 non inciderebbe granché sul conteggio totale. E inoltre questi cittadini acquisiti non influenzerebbero più di tanto i risultati dei nostri processi elettorali, perché se 30 milioni di voti mancanti non hanno rilevanza, non è un azzardo ipotizzare che 6 milioni di voti aggiunti non farebbero una gran differenza sul voto.
4. Sappiamo che gli immigrati iraniani in Israele costituiscono un’importante comunità. Quindi, se gli ebrei israeliani dovessero venire in Iran, quei nostri ebrei sarebbero un ottimo tramite con gli israeliani e anche i nostri rapporti sarebbero migliori. Inoltre, l’attuale presidente di Israele, Moshe Ghasab (ghasab in persiano significa macellaio), è nato in Iran e potrebbe conservare la sua carica una volta trasferitosi da noi. Attuare questo piano, cioè accogliere Israele in Iran, non solo metterebbe fine una volta per tutte alle nostre incomprensioni, ma permetterebbe a molti ebrei iraniani sparsi in Europa e negli Stati Uniti di tornare in tutta sicurezza in Iran. Questo poi farebbe entrare nelle casse dell’Iran una gran quantità di denaro fresco, e gli imprenditori ebrei potrebbero tuffarsi in ogni genere di affare senza la paura di essere tassati o di subire qualche altro tipo di controllo fiscale.
5. Oltre agli iraniani, credo che l’unico popolo ad avere altrettanti contrasti con gli arabi siano gli ebrei di Israele, e su questo punto iraniani e israeliani la pensano allo stesso modo. D’altro canto, gli iraniani non ce l’hanno con gli ebrei, ma con lo Stato di Israele. Quindi, se Israele fosse parte integrante dell’Iran, il problema sarebbe facilmente risolto. E se ciò si verificasse, allora con l’aiuto dei nostri amici ebrei potremmo perfino combattere i nostri nemici storici, ovvero gli arabi.
6. Spostare Israele in Iran è una mossa approvata sia dagli Hezbollah e dai moralisti dottrinari iraniani, sia dai moralisti e dagli ideologi israeliani. Infatti, l’unico altro popolo, oltre al nostro, che è particolarmente sensibile alle questioni morali, al velo,1 alla lotta alla corruzione e a tutto il resto, è quello degli ebrei conservatori di Israele. Sono convinto che, se dovessero unirsi a noi, gli ebrei israeliani non avrebbero nulla in contrario al velo obbligatorio, al divieto di bere alcolici e alle restrizioni morali che sono d’uso corrente nella Repubblica Islamica. L’unico inconveniente che potrebbe verificarsi riguarda, ovviamente, l’eventualità che i fondamentalisti israeliani e iraniani uniscano le loro forze ed esercitino pressioni sugli iraniani laici e moderati.
7. Da un punto di vista storico, gli ebrei hanno vissuto più a lungo in Iran che a Gerusalemme. Quindi c’è anche una solida ragione storica alla base di questo spostamento.
8. Uno dei punti su cui gli ebrei sono più sensibili è la moschea al-Aqsa.2 Dal momento che le città iraniane sono piene di moschee al-Aqsa – in effetti ce n’è una ogni metro quadrato in tutte le città dell’Iran – potremmo regalargliene qualcuna mettendo così la parola fine anche a questo problema.
9. Uno dei maggiori inconvenienti cui Israele deve far fronte è la scarsità di territorio. Al contrario, l’Iran ha grande abbondanza di spazio. Mettiamola in questi termini: il nostro è un paese molto vasto con zone disabitate. Per rendere questa migrazione definitiva, potremmo usare il denaro che i due governi spendono per combattersi, per acquistare enormi quantità di terreno fra le città di Isfahan e Yazd e far così insediare i 6 milioni di ebrei in quelle terre. Et voila!
10. Credo che questa mossa possa avere un effetto positivo anche su gran parte delle difficoltà che affliggono il Medio Oriente e il mondo più in generale. Se, tuttavia, continuassimo ad avere complicazioni perfino dopo aver realizzato quest’idea, o se dovessero nascere delle difficoltà che al momento sono imprevedibili, potremmo pur sempre combatterci dentro casa. Una guerra a così poca distanza è più conveniente sia per loro che per noi, perché non avremmo più bisogno di armi nucleari né di missili a lunga gittata. Potremmo dar vita a una battaglia fatta solo con l’artiglieria e i carri armati, riducendo così le nostre spese militari. E una guerra di questo tipo, poi, non metterebbe in ansia nessun altro paese.
Traduzione di Valerio Fabbri
1 Qui e nella riga successiva l’autore si serve della
parola hijab, che è comunemente usata, da musulmani e non, per indicare il
velo-copricapo. Tuttavia nella scolastica islamica il termine assume un senso
più ampio e indica un modo di vestire morigerato e pudico. Nel Corano infatti si
parla di “mettere i hijalabib – plurale di hijab – stretti intorno a loro
(quando escono)” (Versi 33:59).
2 La Moschea al-Aqsa, che significa “la più lontana”, è parte di un complesso di edifici religiosi conosciuto come Monte Majed o al-Haram al-Sharif (Santuario Nobile) o Spianata delle Moschee. Situata sul territorio conteso di Gerusalemme-Est, è stata rinominata la “moschea dell’Intifada” dopo che Sharon la visitò nel settembre del 2000 e provocò l’inizio di una nuova battaglia. Costruita nel 711 d.C., la Moschea al-Aqsa è il terzo luogo sacro dell’Islam dopo le due moschee sacre in Arabia Saudita. Gli ebrei vorrebbero costruire su quel territorio il Tempio Sacro Ebraico. L’autore si riferisce al fatto che a Teheran ci sono molte piazze chiamate Qods, che in persiano significa “Gerusalemme”, e dunque si riferiscono alla città santa. In mezzo a tali piazze ci sono monumenti inneggianti alla moschea di al-Aqsa; Nabavi dunque ironizza dicendo che in questo modo gli israeliani che visitano l’Iran non soffriranno di nostalgia [N.d.T.].
2 La Moschea al-Aqsa, che significa “la più lontana”, è parte di un complesso di edifici religiosi conosciuto come Monte Majed o al-Haram al-Sharif (Santuario Nobile) o Spianata delle Moschee. Situata sul territorio conteso di Gerusalemme-Est, è stata rinominata la “moschea dell’Intifada” dopo che Sharon la visitò nel settembre del 2000 e provocò l’inizio di una nuova battaglia. Costruita nel 711 d.C., la Moschea al-Aqsa è il terzo luogo sacro dell’Islam dopo le due moschee sacre in Arabia Saudita. Gli ebrei vorrebbero costruire su quel territorio il Tempio Sacro Ebraico. L’autore si riferisce al fatto che a Teheran ci sono molte piazze chiamate Qods, che in persiano significa “Gerusalemme”, e dunque si riferiscono alla città santa. In mezzo a tali piazze ci sono monumenti inneggianti alla moschea di al-Aqsa; Nabavi dunque ironizza dicendo che in questo modo gli israeliani che visitano l’Iran non soffriranno di nostalgia [N.d.T.].
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