La sobrietà è merce rara, soprattutto nei politici e negli uomini di governo. L’ex tupamaro Josè Alberto Mujica Cordano, per tutti oggi Pepe Mujica, ci tiene a sottolinearlo: “Io non sono povero, sono sobrio”. E lui, oggi, è il presidente dell’Uruguay.
di Carlo Carlucci - 17 Dicembre 2013
Mujica
è un lucidissimo ottantenne che è stato eletto Presidente dell’Uruguay e
che ha rinunciato agli appannaggi del suo status vivendo con
cinquecento dollari o giù di lì in una casetta di due stanze; si sposta
con un vecchio Maggiolino Volkswagen.
Quando parla all’ONU o nei
congressi internazionali, senza nessuna enfasi ma con un vigore che
ammutolisce l’uditorio, ripete instancabile cose già note ma dando alla
sua voce una vibrazione profetica: anno dopo anno stiamo intaccando,
divorando il futuro delle giovani generazioni, le pubblicità di tutto il
mondo reclamizzano stili di vita che ci porteranno al disastro
inevitabile. Stili di vita che già ora, ove potessero imporsi
globalmente, presupporrebbero non un solo pianeta ma tre! E dunque il
modello propagandato, agognato è di una colossale falsità, un
imbroglio planetario. Gli altri capi di Stato non fiatano quando don
Pepe si rivolge a loro. Soffrono e non vedono l’ora di ritornare alle
loro alchimie, alle convergenze parallele...
Ma puntualmente, cioè
al convegno successivo, Mujica scompagina quei loro discorsi,
ridicolizza cifre utopiche spacciate come verità sacrosante, ma il tutto
con toni dimessi, senza astio.
Ha detto nei suoi discorsi più
famosi, primo fra tutti quello davanti alla platea dell'Onu:
“Si parla
di sviluppo sostenibile, ma che cosa ci frulla in testa? Il modello di
sviluppo e di consumo è quello attuale delle società ricche? Di nuovo mi
sono chiesto cosa succederebbe a questo pianeta se gli indiani avessero
lo stesso numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi. Quanto
ossigeno ci resterebbe da respirare? Il mondo ha forse oggi risorse
sufficienti per far sì che 7-8 miliardi di persone possano avere lo
stesso livello di consumo e spreco che hanno le più opulente società
occidentali? O dovremo forse fare un altro tipo di ragionamento?
Abbiamo
creato una civiltà figlia del mercato, della concorrenza che ha portato
a un progresso materiale esplosivo. Siamo in una società di mercato e
questo ci ha portato alla globalizzazione cui assistiamo. Ma noi stiamo
governando la globalizzazione o è la globalizzazione a governarci? E’
possibile parlare di solidarietà in una società basata sulla concorrenza
spietata? Fin dove arriva la nostra fratellanza?
La sfida che abbiamo
davanti è grandissima, colossale, e la grande crisi non è ecologica, è
politica. L’essere umano non governa oggi; sono le forze che l’uomo ha
scatenato a governarlo. Non veniamo al mondo per svilupparci in termini
generali; veniamo al mondo per cercare di essere felici, perché la vita è
breve e ci sfugge. E nessun bene vale quanto la vita, è elementare. Ma
se consumo la mia vita lavorando senza sosta per consumare sempre di
più, aggredisco il pianeta e per mantenere quel consumo dovrò produrre
sempre di più cose che durano sempre meno”.
“Siamo in un circolo
vizioso, ci sentiamo costretti a mantenere una civiltà usa e getta.
Questi sono problemi di carattere politico e ci stanno dicendo che
bisogna iniziare a lottare per un’altra cultura”.
Mujica profeta, dunque, ma anche leader, più di moltissimi altri.
Ultima
sua mossa, ai primi di dicembre, quella di spiazzare i cartelli della
droga legalizzando e nazionalizzando in Uruguay la coltivazione e la
vendita della marjuana. Qualcosa di eclatante che forse può rinvigorire
altre e decisive azioni volte a erodere il mito perverso del consumo
senza freni e l’utilizzo senza limiti delle sempre più scarse riserve
del pianeta.
L’Uruguay non è certo l’America, ha tre milioni di
abitanti, è uno dei paesi sud americani con storie di dittature, di
persecuzioni. E prima ancora una storia ancor più tragica, quella della
colonizzazione ispanica, di vessazioni, di massacri. Una piccola
nazione, dunque, ma ciò che sta facendo Mujica è grande, così grande e
potente che i media convenzionali ne parlano pochissimo, perché questo
agire fa tremare certuni nelle altissime sfere.
Pepe Mujica era,
da giovane, un convinto oppositore della dittatura; si era convertito ai
tupamaros, il movimento armato che si rifaceva al leggendario Tupac
Amaru, un cacique che aveva capeggiato una lunga e sanguinosa contro i
conquistadores spagnoli. Mujica ha pagato, assieme a molti compagni, la
sua ribellione con quattordici anni di carcere e torture.
Oggi Il
suo vivere spartanamente da presidente della sua nazione gli appare
cosa scontata: “Yo no soy pobre, Yo soy sobrio” usa dire d’abitudine.
Una formidabile coerenza con lo stato del mondo costituito più di poveri
che di ricchi. I fasti della sua carica altrove dispiegati (basti
pensare all’enormità delle spese per la presidenza della Repubblica che
Napolitano si ostina a voler mantenere) Mujica li ritiene un semplice e
incongruo retaggio del Medio Evo.
Filosofo di formazione, cita
volentieri Seneca, Diogene…
Diogene già, colui che ricevette Alessandro
Magno e i suoi dignitari sulla soglia del suo poverissimo ricovero, pare
fosse una botte.
Alessandro che gli veniva promettendo tutto e di più,
una personalità così grande. Al gentile rifiuto di Diogene sul
presupposto che nessuno fa niente per niente, per cui lui non si sarebbe
più sentito libero, Alessandro deluso rispose:
- Ma allora non possiamo proprio fare niente per te…..
-
Certamente Alessandro, ero qui seduto al sole per scaldarmi un poco dal
freddo della notte, basta che vi facciate un poco più in là…
Nessun commento:
Posta un commento