sabato 9 febbraio 2013

L'Agenda delle Donne: proposte per il futuro dell'Italia

Letto sul blog di Iole Natoli, condivido qui per mettervi a conoscenza della proposta che verrà presentata alle istituzioni nel corso della XVII legislatura. Quindi, vi invito a leggere il Manifesto, ad aderire (se vi garba tanto quanto è piaciuto a me), e a diffonderlo (citando sempre la fonte, ovviamente) poiché occuparsi dell'andamento della Res Pubblica è un dovere e un diritto di tutti.


In occasione delle ELEZIONI POLITICHE ITALIANE del 2013 per la XVII LEGISLATURA
 
IL MANIFESTO DEGLI OBIETTIVI IMMEDIATI

di IOLE NATOLI - con la collaborazione di Adriana Perrotta, Ilaria Tarabella, Teresa Pezzi

Alle soglie delle elezioni anticipate che costringono a una brusca accelerazione dei tempi e in vista della democrazia partecipata reclamata a gran voce da più parti e in primis dall’universo delle donne, il Gruppo dell’Agenda delle Donne per l’Italia Nazione Europea, recentemente formatosi in rete quale progetto di lavoro politico, presenta un primo pacchetto di proposte, del quale chiede accoglimento e attuazione nel corso della XVII Legislatura in arrivo.

Sono proposte che coprono più campi ma che muovono da una considerazione di base. Occorre assolutamente rovesciare la logica di sfruttamento e di violenza, retaggio infausto di schemi di dominio che, sviluppatisi nel corso dei secoli, hanno minato disastrosamente e in più modi la possibilità di una convivenza umana pacifica e la stessa sopravvivenza del pianeta.

Una convivenza umana rispettosa della Natura è possibile. Una convivenza sociale armoniosa e pacifica è pensabile e può essere tradotta in realtà. Lo dimostrano talune società matriarcali, ove il termine “matriarcale” indica una gestione del potere a forte connotazione femminile e condivisa, di tipo orizzontale e mai dunque di stampo verticistico. Ci riferiamo non soltanto a società del passato, di cui rimangono testimonianze archeologiche o solo tracce insepolte nei miti, ma a società ancora esistenti e ben prospere (tra cui Moso e Minangkabau) malgrado la convulsa epoca attuale: comunità nelle quali - e non a caso - la violenza sessuale è sconosciuta.                                               
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per scaricare IL MANIFESTO in PDF (dovrete entrare nel blog di Iole)
Non si possono importare modelli di altri popoli, come fossero cappotti alla moda da indossare, ma non è saggio ignorarne i fondamenti e continuare a operare in senso inverso, precipitandosi, per cecità fisica o mentale, in una spirale distruttiva. Per quanto attiene strettamente all’Italia, che non è solo geograficamente unita all’Europa ma è, oltre a questo, attivamente inserita in quel contesto economico e politico, occorre riesaminare interamente, senza schermi falsanti e deleteri, alcuni snodi della convivenza civile per porre a fuoco le maggiori carenze e giungere a una trasformazione evolutiva.

E sul piano delle carenze civili - va detto con chiarezza e senza veli - l’Italia appare certamente “ricca”. Preoccupata com’è dello spread di arcinota matrice finanziaria, ha incrementato ancora di recente il carniere in cui si affiancano segnalazioni, appelli, richiami e perfino condanne internazionali di cui non ha ragione di andar fiera. Su cosa vertono? Su mancanze decisamente vistose:

- sulla non inclusione del diritto d’asilo nelle diverse agende di governo che si sono fin qui succedute;

- sull’intollerabile situazione dei CIE;

- sulle condizioni invivibili delle carceri del Bel Paese;

- sulla discriminazione evidente nei confronti di chi non pratica l’eterosessualità;

- sulla mancata rimozione delle discriminazioni nei confronti delle donne;

- certamente non ultimo, sull’assenza di provvedimenti specifici che governino il Femminicidio (termine ostico ad alcuni, ma preferibile per la sua matrice storica a Femmicidio), mediante la necessaria configurazione giuridica del reato che corrisponde al fenomeno.

Il gruppo che ha elaborato e firmato questo documento è nato da poco, ma non avrà difficoltà ad accrescersi e perché in esso sono confluite donne già in comunicazione diretta tra loro, per precedente frequentazione di altri gruppi o per altra militanza non virtuale, e perché si farà parte attiva nel reperire nuove adesioni, che ne accrescano le possibilità di lavoro e la portata.

È scaturito da una consapevolezza diffusa: in molte delle molte agende politiche che viaggiano alla velocità della luce in vista delle prossime elezioni, si rivelano superficialmente trattati, oppure assenti, alcuni punti che appaiono invece essenziali e per le Donne e per l’intero Paese.

Per dare il senso del nostro lavoro e di ciò che ci siamo riproposte con esso, dobbiamo fare una necessaria premessa. Ci stiamo rivolgendo espressamente a candidate e candidati presenti nelle recenti liste elettorali, quale che sia la loro estrazione politica, affinché valutino le nostre richieste. In questi giorni ascolteremo le loro parole, per accertare se dopo averci lette avranno voluto accogliere le nostre, come speriamo fortemente che sia per poter dare loro il nostro voto.

Scegliere rappresentanti rispondenti è il senso stesso del mandato parlamentare. Per inverarlo, non ci faremo condizionare dall’eventuale appartenenza o militanza o simpatia da parte di noi tutte o di ciascuna di noi per questo o quel partito, per questa o quella collocazione negli scranni della sede parlamentare. Che siano di sinistra, di destra, o di centro, noi GUARDEREMO ATTRAVERSO e non secondo parametri precostituiti. Voteremo, come farete di certo anche Voi, chi risulterà confacente alle nostre esigenze. Ed essendo dotate di memoria e refrattarie ai lavaggi del cervello mediatici, terremo conto di ciascuna cosa anche dopo, quando si passerà dalla XVII alla XVIII Legislatura, che fisiologicamente o per tempi abbreviati - non sappiamo - succederà in ciascuna delle ipotesi all’altra.

Candidate e candidati al Parlamento: non vi chiediamo di “compiacerci” per uno, due o tre punti dell’agenda: noi vi affidiamo TUTTO il nostro pacchetto. Non vi chiediamo di elaborare disegni di legge destinati a marcire negli archivi, ma, al contrario, di lavorare all’interno dei vostri gruppi politici, con un impegno profondo e costante, per la loro approvazione alle Camere.

Disponete di Uffici studi attrezzati, di personale qualificato e retribuito di cui avvalervi per collaborazioni e consulenze: avete a portata di mano quanto occorre affinché dalle linee guida che noi e altre donne vi affidiamo venga fuori realmente il CAMBIAMENTO.

Concludendo con ciò la premessa, passiamo a formulare alcuni punti, posti qui a fondamento del programma.


PRESUPPOSTI FONDAMENTALI

1 - Tutti i problemi di convivenza nella polis riguardano nello stesso modo e nella stessa misura donne e uomini che abitano in uno stesso Paese. Occorre di conseguenza abbandonare il pregiudizio che porta a considerare le donne come soggetti politici dalle competenze e dagli interessi ristretti alle questioni inerenti la “cura del vivere” - in cui rientrano i problemi relativi all'educazione, al benessere, alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, alla violenza che sia di genere o che si esprima in altre forme e livelli - quasi spettasse unicamente alle donne, che scarso ruolo hanno avuto nel tempo nel disegnare un sistema sociale cresciuto su basi di violenza e potere, porsi accanto al letto del malato assumendosi la responsabilità del dissesto.
Di conseguenza, benché sia nella fase attuale inevitabile che una gran parte delle proposte avanzate verta proprio sulla “cura del vivere”, di cui gli uomini, salvo rare eccezioni, si sono scarsamente fatti carico nel corso dei loro mandati parlamentari, appare necessario e irrinunciabile responsabilizzare sulle questioni citate - oggi come mai fino ad ora - tutti gli uomini che si offrono per compiti di rappresentanza.

2 - Va rovesciata la concezione attuale del rapporto lavoro-vita, che ha sempre inteso la funzione del lavoro come mezzo per la produzione di beni (spesso non necessari) e di servizi, cui subordinare l’organizzazione della vita individuale e collettiva. Ciò che va posto al centro di ogni attività lavorativa è, viceversa, la qualità della vita, che implica il dover conciliare gli schemi di lavoro con le esigenze di donne e di uomini, in termini sia di tempi sia di ritmi.

3 - Va ripensato il modello culturale esistente, ancora di vecchio stampo patriarcale, in funzione del rispetto di genere, valore fin qui sconosciuto nel sociale, e ciò sia mediante interventi sul territorio sia con innovativi programmi nelle scuole e nelle università. Di conseguenza, va potenziata e sovvenzionata appropriatamente l'istruzione e con misure atte a contrastare il fenomeno regressivo della nuova povertà culturale e adeguando i metodi didattici alle modalità cognitive ed espressive delle nuove generazioni. A tali fini, è indispensabile varare un piano nazionale di aggiornamento obbligatorio dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado, che non coincida con direttive accademiche ma che preveda sperimentazioni in campo.

4 - La protezione del territorio e il recupero fisico e socioculturale dell’ambiente devono essere posti al centro di ogni intervento che miri alla sicurezza nazionale. Ciò che mette veramente a rischio quest’ultima, molto più dell’invalicabilità dei confini o di qualsiasi clandestinità, che sia essa reale o ipotizzabile, è la distruzione delle risorse naturali dovuta alla devastazione selvaggia, operata in molteplici modi da soggetti e da gruppi aziendali senza scrupoli.

5 - Va tutelata con misure adeguate l’indipendenza dello Stato italiano da ogni altro Stato straniero con cui possano essere stati stipulati accordi vari: la cessione delle libertà fondamentali, relative a uguaglianza dei diritti o a temi etici, è incompatibile col nostro Stato di diritto e coi principi della nostra Costituzione.

6 - La vocazione europea dell’Italia non può essere legata solo all’euro e all’auspicabile stabilità monetaria. Il nostro Stato ha ricevuto sollecitazioni e richiami da diversi organismi europei su più fronti: per le condizioni disumane dei CIE, per gli sgomberi forzati dei Rom, per la situazione delle carceri e per il ritardo sulla rimozione delle discriminazioni a danno delle donne.
Con la Risoluzione n. 37 del 27 settembre del 1978, il Consiglio d’Europa proclamava la necessità che i Paesi membri adottassero legislazioni rispondenti al principio dell’uguaglianza dei coniugi, anche in tema di cognome dei figli. Vi hanno fatto seguito la CEDAW del 1979, ratificata in Italia il 10.07.1985, altre due Raccomandazioni del Consiglio d'Europa e il Trattato di Lisbona del 2007, la cui ratifica in Italia avvenne con Legge n. 130 del 2.08.2008... ma bimbe e bimbi continuano a essere registrati all'Anagrafe con il solo cognome del papà.

In tema di ratifiche ci appare non superfluo ricordare che solo nel settembre 2012 l’Italia ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa (Istanbul 2011) sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Certo, il Governo Monti ha permesso che a dicembre venisse fatto proprio dal Consiglio dei Ministri il decreto di ratifica della Convenzione. Peccato però che si sia aspettato tanto tempo per la firma e di conseguenza anche per il Ddl di ratifica... che guardacaso finirà tranquillamente nel nulla per la fine della presente legislatura.

È arrivato il momento di dismettere il consumato mantello da tartaruga che impedisce l'evoluzione del Paese e che ci espone, sul piano non economico ma sociale, alla perdita di ogni credibilità internazionale. Occorre muoversi, dando ascolto alle Donne.

Pur consapevoli della parzialità del programma qui offerto, che accoglie oggi solo taluni obiettivi, individuati tra quelli più urgenti, passiamo senza ulteriori indugi ad esporli, raggruppandoli per tipologia d’intervento.


TITOLO 1 - INTERVENTI LEGISLATIVI PER L’AMBITO FAMILIARE


TITOLO 2 - MISURE DI CONTRASTO ALLA DISCRIMINAZIONE DI GENERE


TITOLO 3 - MODIFICHE ALLA LEGGE SULLA VIOLENZA SESSUALE


TITOLO 4 - ISTITUZIONE DEL REATO DI FEMMINICIDIO


TITOLO 5 - PROVVEDIMENTI RELATIVI ALLE CARCERI

TITOLO 6 - LAICITÀ DELLO STATO

TITOLO 7 - TUTELA DEL TERRITORIO

TITOLO 8 - REPERIMENTO DELLE RISORSE ECONOMICHE 

Sicuramente alcuni degli obiettivi qui esposti coincidono, se non nella formulazione almeno nella sostanza, con   obiettivi proposti da altri gruppi. Ne siamo liete, perché questo è il segno evidente di quanto ampia già sia nel Paese la richiesta di urgente cambiamento.

È anche possibile che alcune delle indicazioni qui contenute siano state già anticipate da qualcuna o da qualcuno di voi, candidate e candidati, o che siano addirittura presenti, con formule non troppo lontane dalle nostre, in un qualche programma politico di partito, di movimento o di lista.

Sarete in questo caso liete e lieti di constatare come sia i vostri gruppi di appartenenza sia Voi abbiate saputo raccogliere IN MODO PIÙ O MENO AMPIO gli umori che ATTRAVERSANO ORMAI DA MOLTI ANNI IL PAESE, CHE hanno già prodotto richieste e dato luogo sia a una rete di associazioni femminili notevole, sia ad ampie rivendicazioni nelle piazze, di cui la prima di Se Non Ora Quando rappresenta nell’epoca recente la più numericamente appariscente. Questo fa sì che disponiate oggi di piattaforme operative femminili molteplici, di cui alcune risulteranno più approfondite su taluni temi e altre su altri, con conseguente e sicuro vantaggio per l'efficacia della vostra azione politica.

Il nostro gruppo in crescita non si muove isolatamente dagli altri: crediamo nel fruttuoso rapporto d’interscambio e nel coordinamento necessario di tutte le iniziative ad ampio raggio. Ribadendo l’intenzione già espressa di VOTARE SOLAMENTE COLORO che con profonda convinzione e onestà avranno agito nel proprio gruppo di riferimento politico per l’attuazione del nostro programma e degli altri che sono stati espressi dalle Donne, Vi invitiamo a diffondere il Manifesto degli Obiettivi Immediati in ogni Vostra formazione politica, con la logica e inevitabile accortezza di citarne - per questioni di copyright - la fonte.
Vi ringraziamo per l’attenzione concessaci e auguriamo a tutte e a tutti Voi BUON LAVORO.

TITOLO 1 - INTERVENTI LEGISLATIVI PER L’AMBITO FAMILIARE
in tema di: Matrimoni e Famiglie di fatto, Diritto al Cognome materno, Relazione Genitori-Figli anche nelle separazioni coniugali e nei divorzi.

MATRIMONI e FAMIGLIE DI FATTO

IL MATRIMONIO

In diversi Paesi europei ed extraeuropei l’istituto matrimoniale non è più legato all'eterosessualità santificante, la cui assenza turba molte coscienze italiane.
In Italia, il riconoscimento del diritto delle coppie omosessuali a contrarre matrimonio è invece tuttora ostacolato dall’arretratezza culturale e civile, nella quale le pressioni e i condizionamenti religiosi cattolici hanno tenuto intenzionalmente il Paese, senza riguardo alla LAICITÀ DELLO STATO che occorre di conseguenza rifondare.
Il matrimonio in Italia NON è uno dei sacramenti cattolici - per i valdesi e per altre confessioni cristiane il matrimonio non è un sacramento - da cui derivino conseguenze civili, come finisce col suggerire l'uso di contrarre l'unione in una Chiesa; è solamente un contratto sociale, quale che sia la posizione ideologica - laica o religiosa - dei contraenti, a cui può aggiungersi per alcuni di essi anche un significato religioso.
Lo attesta l’introduzione del divorzio, che ha anche prodotto una contraddizione evidente: un esponente di uno Stato estero può ancor oggi ratificare, in veste di rappresentante civile dell’Italia, un contratto e tuttavia la sua presunta autorità viene meno, nel momento in cui lo Stato italiano sancisce, tramite un suo tribunale, lo scioglimento unilaterale del vincolo da quell’esponente estraneo validato. Il matrimonio è dunque per il nostro Stato solamente un contratto civile tra due persone e NON PUÒ venire inteso in altro modo. Ne consegue che l'esclusione dalla stipula del contratto delle coppie omosessuali è pretestuosa e interamente priva di senso.
L’allargamento del matrimonio agli omosessuali, tuttavia, non risolve tutte le necessità di queste coppie. Lo dimostra il fenomeno di coppie eterosessuali che, pur disponendo dell’istituto matrimoniale, non vogliono contrarre matrimonio ma preferiscono un’unione di fatto. Peraltro, esistono anche situazioni familiari d'altro tipo, nelle quali è assente quel legame affettivo di coppia comprensivo di una componente sessuale.

LE FAMIGLIE DI FATTO

Famiglia è una donna coabitante con un uomo, famiglia è una donna coabitante con una donna, famiglia è un uomo coabitante con un uomo, se soltanto i/le coabitanti sono legati da stretti vincoli di parentela, di ascendenza, discendenza, fratellanza o sorellanza. Famiglie sono altresì quelle determinate da due persone senza vincoli di stretta parentela che coabitino ed abbiano uno stabile rapporto di coppia e ciò a prescindere dal loro sesso di appartenenza e dalla loro intenzione o possibilità di generare.
Ogni altra pretesa di porre alla vita affettiva delle donne e degli uomini confini, che abbiano la loro matrice in ideologie di natura religiosa, è dannosa al corpo sociale, quale che sia la religione che li determini, perché genera discriminazioni intollerabili, che non possono trovare accoglienza nella nostra Repubblica laica.
In ragione di ciò, chiediamo che vengano istituiti al più presto, in ogni Comune, i REGISTRI PER LE FAMIGLIE DI FATTO, registri cui devono essere associati determinati vantaggi fin qui riservati solo alle famiglie costituitesi a seguito di contratto matrimoniale.
I registri devono essere aperti sia a coabitanti legati da consanguineità sia a coppie omosessuali ed eterosessuali. Per coloro che hanno a loro disposizione il contratto matrimoniale cui ricorrere, il preferire vincoli formali meno stringenti costituisce una semplice opzione personale. Non vi è di conseguenza alcuna motivazione obiettiva per istituire regimi separati per le tre categorie individuate.
Va da sé che la registrazione presuppone che i/le registranti non siano al momento della registrazione già presenti in liste di altri Comuni quali coabitanti con altre persone e che, nel caso di coppie omosessuali ed eterosessuali, non abbiano precedenti vincoli matrimoniali non risolti. La contemporaneità - che assomiglierebbe di fatto a una bigamia - non è contemplabile.
Basterà istituire un database, che includa i dati di tutti i Comuni sui Registri delle Famiglie di Fatto, per evitare che una doppia registrazione abbia luogo.

DIRITTO AL COGNOME MATERNO
Diritto della prole, diritto delle madri, regime del doppio cognome obbligatorio, disposizioni transitorie

FIGLI e FIGLIE
Va riconosciuto il diritto di FIGLI e FIGLIE di acquisire ALLA NASCITA il cognome MATERNO oltre che il cognome paterno come oggi accade, per le seguenti ragioni psicologiche, educative e sociali:
1 - la presenza anche del cognome materno, evidenziando la pari dignità familiare e sociale della coppia genitoriale, contribuisce nei bambini allo sviluppo del rispetto verso l’altro genere e nelle bambine allo sviluppo di una maggiore fiducia nel proprio;
2 - la presenza anche del cognome della madre collega figli e figlie all’ambito familiare materno e garantisce loro di potersi sentire inclusi/e in esso, allo stesso modo in cui, grazie al comune cognome, si sentono inclusi/e nella famiglia paterna;
3 - la presenza anche del cognome materno elimina ogni possibile disagio in coloro che, nati da più matrimoni o convivenze della stessa madre, non sono uniti e resi pari tra loro da un cognome di famiglia comune.

MADRI
Va riconosciuto il diritto delle MADRI di offrire SEMPRE e fin DALLA NASCITA il cognome MATERNO a figli e figlie. Se è vero che nel nostro ordinamento giuridico il cognome personale è un diritto di acquisizione e non di trasmissione, è altrettanto vero però che la prassi attuale, come si è configurata nel tempo a causa di strutture patriarcali obsolete e dannose, lede la dignità delle madri e delle donne, facendo sì che esse vengano percepite dalla prole e dall’intero corpo sociale come cittadine “inferiori”, "inadatte" a fornire lo strumento precipuo su cui si basa l'identità personale e sociale della loro diretta discendenza.

REGIME DEL DOPPIO COGNOME OBBLIGATORIO
Va istituito il doppio cognome obbligatorio (1 x genitore, ove uno o entrambi ne abbiano due) col materno in prima posizione salvo accordo diverso manifestato con dichiarazione congiunta all'Ufficiale di Stato civile dai genitori all'atto del matrimonio, o del riconoscimento del primo o della prima figlia se non coniugati.
La sequenza dei cognomi ottenuta va mantenuta per la filiazione ulteriore della coppia.
L’ordine dei cognomi acquisiti alla nascita non influisce sulla scelta del cognome da attribuire alla generazione   successiva. In altri termini, ciascun genitore dichiarerà all’Ufficiale di Stato civile quale dei suoi due cognomi - che sia in prima o in seconda posizione - intende destinare alla prole. È peraltro diritto di figli e figlie modificare l’ordine o gli elementi dei propri cognomi al raggiungimento della maggiore età.
I progetti fin qui presentati in Parlamento sono tutti, benché in maggiore o minore misura, manchevoli. Non sono accettabili ipotesi di sorteggio per l’ordine dei cognomi, né altre formule ben peggiori di questa, in quanto fondate ancora una volta sull’OCCULTAMENTO della REALTÀ NATURALE.
Non soltanto alla messa al mondo di figli e figlie le donne partecipano in modo molto più sostanziale degli uomini tramite la gravidanza e il parto, ma proprio quale diretta conseguenza della gravidanza e del parto la prima persona che il neonato o la neonata conosce e riconosce È LA MADRE.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE SUL CAMBIAMENTO DEL COGNOME
Nelle more della discussione e dell'approvazione della legge sul doppio cognome obbligatorio secondo la formula indicata, di cui si considera urgente la presentazione, occorre approntare una modifica dell'attuale sistema di cambiamento del cognome, quanto meno in un caso specifico.
La Circolare n. 14/2012 relativa al D.P.R. n. 54 del 13.03.2012, che regola la materia, rifacendosi nel 3º Capoverso del titolo ”Principi generali del procedimento” alla Circolare n. 15/2008, prevede che la domanda di cambiamento del cognome di un minore sia adeguatamente "motivata" e presentata in forma congiunta da entrambi i genitori, o anche da uno solo di essi se esercente la potestà genitoriale purché corredata del "consenso" dell’altro genitore. Ciò anche nel caso in cui detto cambiamento consista nella semplice aggiunta del cognome materno.
Trattasi di prassi iniqua e lesiva della dignità delle donne, nella loro qualità di genitrici primarie e di persone, nonché poco rispettosa dell’interesse del minore, costretto a non esser collegato tramite il secondo cognome alla propria madre e alla famiglia materna, se solo il padre nega il suo consenso, per affermare una volontà di dominio mediante l’unico cognome del figlio.

RELAZIONE GENITORI-FIGLI anche nelle separazioni e nei divorzi
potestà genitoriale, provvedimenti provvisori in sede di separazione giudiziale e affido definitivo della prole

POTESTÀ GENITORIALE e portati del precedente regime in tema di diritto di famiglia

L’art. 316 del Codice civile al quarto comma recita:
"Se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili". Occorre sostituirlo con un nuovo art. 316, il cui quarto comma stabilisca: "Se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per la prole, i provvedimenti urgenti ed indifferibili possono essere adottati autonomamente dal genitore che è presente o dalla persona che ne ha la migliore opportunità, se assenti entrambi".

PROVVEDIMENTI PROVVISORI del giudice in sede di separazione giudiziale

Attualmente, i provvedimenti provvisori, relativi alle istanze di separazione e dunque anche all’affidamento provvisorio delle/dei figli, vengono emessi in sede di unica udienza presidenziale e da un solo giudice giudicante.
I coniugi devono comparire personalmente dinanzi al Presidente che tenterà la conciliazione. Questi sente i coniugi prima separatamente poi congiuntamente. Se la conciliazione non riesce, il Presidente - sentite le parti e i difensori - adotta con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse della prole e dei coniugi. Nomina anche il Giudice Istruttore e fissa l'udienza di trattazione davanti al G.I. per la prosecuzione del giudizio (che porta all'emissione di sentenza del Tribunale).
Rileviamo tre aspetti negativi nella procedura attuale.
A - Il tentativo di conciliazione è in sé una misura che contrasta con la presentazione stessa delle istanze. Presuppone che chi si rivolge al magistrato sia incapace di sapere da sé quel che vuole, rappresenta un’interferenza indebita nella sfera di autonomia soggettiva della persona, pone spesso il coniuge disposto alla riconciliazione in vantaggio psicologico dinanzi al giudice rispetto a quello che invece vi si oppone e ciò - in assenza di elementi di una particolare gravità che possano giocare un ruolo decisivo nella decisione del magistrato - costituisce pregiudizio per l’obiettività della decisione con conseguenze sull’affidamento.
B - È previsto che i provvedimenti provvisori debbano sempre venir emessi nell'interesse della prole e dei coniugi e tuttavia l’unica udienza di cui dispongono i coniugi e il fatto che l’istruzione del processo non possa che essere successiva ai provvedimenti presi fanno sì che l’individuazione di ciò che è meglio per la prole, nonché per ciascuno dei coniugi, possa non apparire con chiarezza, specie perché il magistrato giudicante è uno solo e non esiste una collegialità di pareri.
C - I provvedimenti provvisori presi influiscono SEMPRE sulla prosecuzione delle cause civili di separazione e condizionano l’affidamento definitivo. Ciò discende direttamente dai tempi dei procedimenti giudiziari, spesso allungati ad arte con continue richieste di rinvii dal coniuge che è risultato affidatario in sede di provvedimenti provvisori. Ed infatti, in assenza di fatti particolarmente eclatanti che possano invertire le decisioni già prese, la conclusione del processo di primo grado tenderà a confermare l’affidamento effettuato e ormai in corso - talvolta con una qualche forzatura sulle risultanze effettive del processo, per aggiustare queste alle conclusioni volute - al fine di non esporre la prole, già assuefattasi in una certa misura alla situazione determinatasi, al trauma di nuovi cambiamenti.
Questo significa che un errore di valutazione nel corso dell’affidamento provvisorio si traduce e in un danno permanente per la prole, che sarebbe stata curata più adeguatamente dal genitore che invece è stato escluso, e in un’ingiustizia permanente compiuta ai danni di chi l’esclusione descritta ha subito.
Riteniamo di conseguenza che:
1 - il tentativo di conciliazione ai fini del ricongiungimento familiare, che attuamente è tenuto a compiere il Magistrato cui sono affidati i provvedimenti provvisori, debba essere abolito. Saranno i coniugi stessi a cambiare idea in proposito, se lo vorranno, ritirando l’istanza di separazione presentata;
2 - i provvedimenti temporanei ed urgenti da emettere con ordinanza debbano essere affidati a un collegio di tre magistrati, in cui sia garantita la presenza di entrambi i sessi;
3 - ove ciascuno dei coniugi abbia chiesto l’affido esclusivo, debba essere garantita e fissata fin nella prima udienza e a non lunga distanza da questa una seconda udienza, che comporti l’obbligo per ciascuno dei genitori di presentare richiesta di modifica o di conferma dei provvedimenti già presi.
In tale occasione, verrà prospettata ai coniugi dai giudici l’ipotesi di affidamento condiviso. Ove le modalità di   questo siano accettate da entrambi i genitori, si adotterà tale seconda soluzione provvisoria in attesa della fine del processo. In caso contrario, sarà emessa ordinanza di conferma della decisione precedente o nuova decisione di modifica, con affido temporaneo al solo coniuge che era risultato escluso in precedenza. Il collegio composto dai magistrati chiamati a valutare le richieste di conferma o modifica non può essere formato dagli stessi giudici che quei primi provvedimenti hanno emessi.

SULLA PAS DETTA ANCHE SAP

Appare urgente adottare misure di contrasto alla presunta sindrome di alienazione parentale (PAS o SAP), che,   benché sia ritenuta da eminenti studiosi del tutto priva di fondamento scientifico e non sia riconosciuta dal DSM, viene spesso utilizzata e accolta dai Tribunali per l'allontanamento coatto della prole e per l'ubicazione della stessa nelle case famiglie.

VIOLENZA FAMILIARE E AFFIDAMENTO DELLA PROLE

La violenza sia fisica che psicologica nei confronti dell'altro genitore, o di un/a convivente di questi, o della prole, nonché la presenza di quest'ultima a episodi di violenza fisica dovranno comportare sempre l’esclusione dall’affidamento, ove non ricorrano gli estremi per una sanzione più grave, quale l'esclusione dall'esercizio della potestà genitoriale.

TITOLO 2 - MISURE DI CONTRASTO ALLA DISCRIMINAZIONE DI GENERE
negli ambiti: educativo, lavorativo, di protezione, d'inserimento, giudiziario, politico.

AMBITO SCOLASTICO-EDUCATIVO
PROVVEDIMENTI INDIVIDUATI
1 - Emanazione di linee guida, da parte del MIUR, per l’educazione al rispetto di genere IN TUTTE le scuole, dalla materna alla secondaria superiore, con moduli differenziati per età;
2 - corsi di formazione obbligatori per docenti in tema di educazione al rispetto di genere, affidati a pedagogiste, psicologhe e personale qualificato DEI CENTRI ANTIVIOLENZA, dunque con esperienza specifica in campo;
3 - promozione di progetti sperimentali specifici, con finanziamento pubblico;
4 - emanazione di linee guida per le case di edizioni scolastiche, da parte del MIUR, atte a eliminare la presenza di stereotipi di genere nei libri di testo;
5 - vincolo dell’assenza di stereotipi di genere per l’adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado.

INTERVENTI EDUCATIVI SUL TERRITORIO
PROVVEDIMENTI INDIVIDUATI
1 - Campagne a mezzo spot per rendere consapevoli gli uomini già “in bilico” - quelli cioè che pur non essendo incorsi in denunce abbiano già praticato violenza nei confronti di partner o figli - della necessità di ricorrere a un aiuto psicologico.
2 - corsi di formazione per giornalisti, pubblicitari e in genere operatori dei media per l’uso non sessista del linguaggio, nella comunicazione visiva e/o auditiva e/o verbale.
3 - campagne pubblicitarie (spot televisivi, manifesti nelle metropolitane, altro), che veicolino in un'immagine e/o in una frase i concetti di base seguenti: “le donne non sono proprietà che di se stesse”; “chi vuole appropriarsi di una donna incorre in reato”; “non esistono giustificazioni di natura sentimentale agli atti di violenza che sono solo manifestazioni di egoismo, debolezza e fallimento del vivere”.
Sono interventi che si potranno studiare e varare con il coinvolgimento e il coordinamento dei vari Assessorati alle Pari Opportunità di Regioni e Comuni, prevedendo l’interscambio dei diversi progetti realizzati, al fine di un contenimento ragionevole del necessario investimento economico.

LAVORO E PARI OPPORTUNITÀ
Il lavoro è uno dei problemi che limitano la realizzazione delle pari opportunità per le donne. Poiché un’equa distribuzione dei compiti della gestione familiare è un obiettivo da raggiungere e non un fatto acquisito, tenuto conto altresì che l’equa distribuzione non risolve tutti i problemi che assillano una coppia, specialmente se esiste una prole, proponiamo qui alcune misure per garantire il lavoro delle donne e migliorare la gestione bilaterale della vita familiare.
PROVVEDIMENTI INDIVIDUATI
1 - Istituzione di centri di servizi per la prima infanzia, adeguatamente distribuiti nel territorio;
2 - introduzione di orari lavorativi flessibili, per genitori che abbiano difficoltà a fruire o non dispongano di qualificati servizi pubblici per l'infanzia da 0 a 3 anni;
3 - varo di un programma di incentivi per l'apertura di SPAZI PER L'INFANZIA con servizi educativi IN LOCO, da parte delle singole aziende private. Ciò allo scopo di rendere più conciliabili le attività di lavoro dei genitori con quelle di cura della prole, eliminando o riducendo la necessità di spostamenti difficili e nevrotizzanti, che mettono talvolta a dura prova la necessaria serenità delle famiglie;
4 - incremento di servizi educativi pubblici e qualificati per l'infanzia, gratuiti o a contributo parziale e proporzionato al reddito familiare, anche mediante l'accreditamento di servizi informali che siano analoghi ad iniziative quali quella delle Tagesmutter (mamma di giorno) trentine;
5 - introduzione di una fiscalizzazione positiva per le assunzioni di donne, sino al raggiungimento di una percentuale non inferiore al 50% degli occupati nelle singole aziende private. Non ci appare equo e opportuno, nella fase storica attuale, che siano operate distinzioni tra donne giovani, di mezza età o anziane, in quanto la scorrettezza del costume sociale corrente ha fin qui indotto forzosamente molte donne a rinunciare al lavoro extradomestico o ad abbandonarlo, per dedicarsi alla cura familiare, gravame di cui non hanno subito la conseguente autoesclusione dal mondo del lavoro anche gli uomini;
6 - contrasto urgente con adeguate sanzioni di ogni differenziale retributivo a svantaggio delle donne, le quali spesso, a parità di titoli e posizione lavorativa, percepiscono uno stipendio minore dei colleghi uomini. Ed infatti l'esistenza di un differenziale non soltanto si configura come sfruttamento della lavoratrice, ma anche è causa determinante della rinuncia o abbandono di cui si è scritto al punto precedente. Se una donna guadagna (o guadagnerà, per minori avanzamenti di carriera) somme inferiori a quelle del suo compagno, sarà sempre lei a rinunciare al lavoro esterno per l'esercizio di cura. Il bilancio economico della famiglia ne soffrirà di meno: a soffrirne in prima persona di più sarà la donna;
7 - sanzioni economiche per le aziende che, nel non rinnovare il contratto a termine di una lavoratrice in stato di gravidanza, assumano però altro personale che sia sostitutivo della stessa;
8 - introduzione per il datore di lavoro l'obbligo di certificare, mediante dichiarazione circostanziata e firmata davanti alla Direzione Territoriale del Lavoro, la non rinnovabilità del contratto alla lavoratrice in stato di gravidanza, per impossibilità economica sopravvenuta o per cessazione dell'utilizzo della figura professionale che la lavoratrice aveva fin lì ricoperto.
Da ciò discende il divieto di assumere, a scadenza di contratto avvenuta e per la durata di almeno cinque mesi, un dipendente con la stessa figura professionale della lavoratrice in gravidanza non riconfermata.
Esula dalla clausola descritta il caso della lavoratrice madre, per la quale ogni contratto in scadenza è prorogato   sino al compimento di un anno di vita del figlio/a;
9 - introduzione di incentivi per tutti quei datori di lavoro che prolunghino i contratti in scadenza alle lavoratrici madri per un secondo anno a datare dal parto. A tal fine occorre istituire un Fondo pari a quello per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione di giovani e donne, istituito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e affidato all'INPS per l'anno 2012, che per assunzioni a tempo determinato prevedeva 3mila Euro per ogni assunzione con durata NON inferiore a 12 mesi, fino ad un massimo di dieci contratti per ciascun datore di lavoro.
Tale premio di 3mila euro potrà essere elevato:
- a 4mila euro, quando la durata del contratto a tempo determinato supera i 18 mesi;
- a 6mila euro, se la durata del contratto a tempo determinato supera i 24 mesi.
Il datore di lavoro che stabilizzi la lavoratrice (trasformando il contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato) potrà avvalersi di un contributo pari a 12mila euro, fino ad un massimo di dieci contratti per ciascun datore di lavoro (Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2012, decreto interministeriale del 5 ottobre 2012).
Infine, le aziende che prolungheranno i contratti a tempo determinato in scadenza alle lavoratrici madri, secondo le modalità qui proposte, potranno avvalersi di un Marchio di qualità di Responsabilità Sociale d'impresa (RSI: tipologia SA 8000) che si completerà con la programmazione di iniziative pubbliche territoriali, volte alla pubblicizzazione del marchio e a dare visibilità alle aziende che lo hanno acquisito, con l’istituzione di un riconoscimento annuale per le aziende che si saranno distinte per l’attenzione alle tematiche sociali e con l’individuazione di incentivi e sistemi di agevolazione per eventuali affidamenti pubblici ad aziende in possesso del marchio di qualità sociale (come da comunicazione del 25 ottobre 2011 n. 681 della Commissione Europea).
PROTEZIONE DELLE VITTIME DI VIOLENZA E ALTRE FORME DI AIUTO
MISURE SPECIFICHE
1 - Cancellazione dell’art. 1 T.U. di pubblica sicurezza;
2 - costituzione su tutto il territorio nazionale di Centri Antiviolenza qualificati e debitamente finanziati, per rendere capillare l’assistenza alle donne vittime di violenza;
3 - istituzione degli Albi regionali dei Centri Antiviolenza, da più parti richiesti;
4 - individuazione delle qualifiche e dei criteri di trasparenza personale e associativa necessari per l’icrizione agli Albi;
5 - istituzione della Rete ufficiale dei Centri Antiviolenza;
6 - ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Istanbul 2011), sottoscritta dall’Italia il 27.09.2012;
7 - adozione di piani d’intervento nazionali e regionali durevoli, cui corrispondano finanziamenti costanti.
La maggior parte dei Centri esistenti sopravvive grazie al volontariato femminile. Allo stato attuale vi sono ottimi Centri che ricevono finanziamenti pubblici e ottimi Centri che non ne ricevono, pessimi Centri che li ottengono ugualmente e pessimi Centri che fortunatamente non ne godono. Il risultato è la limitazione delle possibilità d’intervento e il dilagare di sfiducia e discredito, problema che va risolto alla radice.
Occorre disporre dunque di certezze, consistenti nella garanzia fornita dalle qualifiche e dall’integrità etica del personale impiegato nonché dalla sufficienza e regolarità dei finanziamenti, che consentano la copertura delle spese vive e la giusta retribuzione di tutto il personale operativo che si pretende sia qualificato.
A chi affidare la garanzia delle qualifiche, chi dovrà fare formazione?
Sicuramente non strutture di qualsivoglia tipo senza alcuna esperienza in questo campo, ma solamente quei Centri Antiviolenza che siano più anziani e accreditati e pertanto capaci di trasmettere da donna a donna il senso dell'appartenenza di genere e la solidarietà fra le donne, principi ineludibili e fondanti di tale delicatissimo lavoro, che annovera tra gli obiettivi da raggiungere il risanamento delle ferite dell’io e la reintroduzione delle vittime di violenza nell’ambito sociale e lavorativo.
Riteniamo che per essere considerato qualificato un Centro Antiviolenza debba rispondere alle seguenti caratteristiche:
- avere alle spalle almeno 3 anni di curriculum come associazione di promozione dei diritti delle donne;
- disporre di un congruo numero di avvocate, ginecologhe, psicologhe e pedagogiste (che siano iscritte e non esterne, ovvero di puro riferimento);
- avvalersi esclusivamente di operatrici e specialiste che siano state adeguatamente formate;
- garantire criteri di assunzione corrispondenti a quelli vigenti per l’assunzione di insegnanti statali in merito a condanne penali. Ciò per tutto il personale che vi opera, dato il ruolo di responsabilità che compete.
8 - A quanto sopra enunciato occorre aggiungere:
- la costituzione di Centri di Aiuto per uomini “in bilico”, che offrano la possibilità di fruire di aiuto psicologico mirato a coloro che lo richiedano. Tale aiuto deve essere prestato anche nelle carceri a quei soggetti in stato di detenzione che ne formulino richiesta, ma non può costituire mezzo per una riduzione della pena;
- l’istituzione dell’Albo dei Centri di Aiuto per uomini “in bilico” nonché la determinazione di modalità, competenze e criteri per i finanziamenti di tali Centri, non dissimili da quelli enunciati al punto 4.

COMPETENZE DELLE FORZE DELL’ORDINE E ATTIVITÀ GIUDIZIARIA

MISURE SPECIFICHE
1 - Istituzione di corsi di formazione e di aggiornamento obbligatori per le forze dell’Ordine che debbano o possano entrare in contatto con le vittime di violenza.
2 - Incremento numerico della componente femminile delle forze dell’Ordine addette al soccorso delle vittime nonché all’accoglimento delle denunce.
3 - Previsione normativa: i provvedimenti giudiziari (ammonimento e/o allontanamento immediato) devono scattare alla prima denuncia di violenza fisica e/o psicologica. Sin dall’atto della prima denuncia, deve essere immediatamente allertato il centro antiviolenza che sia territorialmente competente.
4 - Aggiornamento della magistratura e Istituzione di Tribunali specifici (come in Spagna), con avvocati e giudici adeguatamente formati in materia.

TUTELA DELLA SALUTE PSICOFISICA DELLE DONNE
INDICAZIONI
1 - Occorre ridare dignità e mezzi ai consultori pubblici esistenti nel territorio e favorire la nascita di altri.
Gli interventi di prevenzione e tutela di salute delle donne sono molteplici e non riguardano solo la fase riproduttiva; le patologie post menopausa, a causa dell'allungamento della vita, rappresentano un grosso problema da affrontare. Bisognerà di conseguenza creare politiche di prevenzione e di cura mirate, da individuare con l’aiuto di specialiste e specialisti di ginecologia e geriatria.
Perché i consultori pubblici funzionino realmente occorre che siano aumentati gli stanziamenti economici, affinché non soltanto se ne possa incrementare il numero ma non vi sia fuga di personale medico, determinata da retribuzioni inadeguate.
2 - Vanno varate opportune misure di contrasto all’obiezione di coscienza, per la salvaguardia della piena applicazione della Legge 194.

INSERIMENTO NEL TERRITORIO DELLE DONNE MIGRANTI

INDICAZIONI
Vanno studiati provvedimenti specifici atti a promuovere l’inserimento di quelle donne migranti, che provengono da taluni Paesi nei quali i diritti e le libertà delle donne non hanno avuto fin qui riconoscimento. È ben noto come a talune immigrate di prima generazione sia spesso impedito da mariti, fratelli e talora anche da madri una partecipazione attiva alla vita sociale nel territorio. Occorre dunque promuovere iniziative atte a coinvolgere le donne migranti che versino in tali condizioni, neutralizzando, con accorgimenti opportuni, le azioni d’impedimento familiare.
Impedire la libertà di frequentazione e socializzazione rappresenta una pratica violenta. Il Dipartimento per le Pari Opportunità - cui un ruolo molto ampio è stato conferito dalla Legge 9 gennaio 2006, n. 7 concernente la prevenzione e il divieto delle pratiche di Mutilazione Genitale Femminile - potrebbe svolgere tramite i Comitati per le Pari Opportunità un’azione efficace e capillare, per garantire alle donne migranti le stesse libertà, pur imperfette, già conquistate dalle donne italiane.

AMBITO POLITICO - CONTRO L'EMARGINAZIONE DELLE DONNE DALLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DALLE PIÙ ALTE CARICHE DELLO STATO

RAPPRESENTANZA POLITICA
Un Paese che emargina le donne NON È un paese democratico.
Da qui la proposta del 50/50 con doppia preferenza di genere nelle liste per una vera e propria democrazia paritaria, da realizzarsi con presentazione di liste che prevedano la stretta alternanza dei generi e un numero di candidature femminili pari al 50% dei candidati.
Nello specifico appare necessario:
1 - presentare un egual numero di donne e di uomini quali capilista;
2 - presentare candidature femminili nel 50% dei collegi ritenuti conquistabili;
3 - promuovere le candidate attraverso adeguate campagne di informazione al fine di favorire la democrazia paritaria;
4 - presentare nei “listini” o nelle liste bloccate candidate e candidati in ordine alternato per favorire la elezione di una consistente percentuale di donne;
5 - far conoscere i criteri di scelta delle candidate e dei candidati;
6 - assicurare nelle tribune elettorali televisive la presenza paritaria delle candidate e dei candidati, nel rispetto delle nuove norme introdotte dall’articolo 4 della legge 215 del 2012 e del regolamento approvato dalla Commissione di vigilanza;
7 - rendere pubblico come sia stata realizzata l’utilizzazione della quota dei rimborsi elettorali, destinata, come prevede la legge n.157/99, a promuovere la presenza delle donne in politica. Rendere pubblici i criteri di scelta e CV di tutte le candidate e i candidati, di qualsiasi partito o movimento o lista (Rif: Accordo di azione comune per la democrazia paritaria).

ALTE CARICHE DELLO STATO
Per un mutamento degli schemi discriminatori che permangono ancora irrisolti nella nostra disturbata cultura, occorre agire e sui cancelli di sbarramento pratici e altresì su tutti i MODELLI SIMBOLICI.
Ciò vale per il linguaggio - che sopprime nei plurali il femminile, eliminando la reale esistenza delle donne in omaggio a una distorta visione maschile del mondo; vale per la cellula familiare, dove tale obiettivo va perseguito in primo luogo attraverso la modifica del cognome della prole; vale per la cellula sociale pià ampia, la COMUNITÀ, che è sostanza del nostro Paese.
Di conseguenza, riteniamo non più rinviabile che Capo dello Stato italiano sia una Donna. Solamente il presupposto discriminativo nei confronti del genere femminile, infatti, può spiegare come mai sino ad oggi, in tanti anni di dichiarata Democrazia, non vi sia stata nemmeno UNA sola donna Presidente della nostra Repubblica.

TITOLO 3 - MODIFICHE ALLA LEGGE SULLA VIOLENZA SESSUALE

Con sentenza nº 4377, depositata il 1º Febbraio 2012, la III Sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi in merito a un caso di stupro di gruppo, concedeva ai presunti imputati del reato gli arresti domiciliari. Come spiegato in un comunicato dalla stessa, a seguito del divampare di polemiche - causate anche, ma non solo, da informazioni  giornalistiche abbastanza distorte sulla sentenza -, la Cassazione, muovendosi nell’ambio della normativa vigente e di precedenti pronunce della Corte Costituzionale cui si erano appellati i difensori tramite ricorso specifico, aveva operato nell’unico modo concreto ravvisabile, atto a evitare di restituire nell’immediato alla totale libertà i presunti imputati, per scadenza dei termini di custodia cautelare.
E tuttavia una modifica delle disposizioni vigenti si impone e ciò a prescindere dalla questione delle misure alternative. Giacché “delitti meramente individuali” - cui si riferiva la Consulta nella pronuncia relativa a un caso di violenza sessuale singola - gli stupri di gruppo, invece, non sono. Al di là dell’entità del danno psicologico e fisico subito in ciascuna delle due tipologie di violenza sessuale dalla vittima, e del fatto che rispetto al danno, IN OGNI CASO GRAVE SUBITO, le pene attualmente vigenti appaiono vergognosamente irrisorie, rileviamo come una violenza sessuale di gruppo implichi che si sia in presenza di soggetti in grado di agire delittuosamente operando collegamenti mirati e adottando condotte criminali unitarie, non dissimili da quelle delle organizzazioni mafiose (per le quali l’eccezionalità del carcere preventivo è norma), sia pure su piccola scala.
Di conseguenza invitiamo a valutare se, pur non venendo meno in alcun modo alle garanzie costituzionali che impone uno Stato di diritto, in ragione delle condotte specifiche sia o no possibile introdurre la carcerazione preventiva, associata però a una tempestività dei processi per scongiurare eventuali detenzioni prolungate, che potrebbero successivamente rivelarsi infondate e dunque ingiuste.
Riteniamo altresì che vadano considerevolmente aumentati gli anni di detenzione previsti e per le violenze singole e per le violenze di gruppo, dando inoltre il dovuto rilievo e la giusta collocazione a violenze sessuali, singole o di gruppo, compiute in ambiente carcerario, ovvero in stato di impossibilità totale della vittima di porre in atto qualsivoglia difesa.
Infine, poiché le vittime di violenza sessuale, sono obbligate dalla violenza stessa a ricorrere a cure specifiche, di natura fisica e/o psicologica, terapie il cui costo spesso elevato rappresenta un ulteriore gravame che non può e non deve pesare sulla vittima, proponiamo che sia introdotta anche una pena pecuniaria, corrispondente alla spesa economica affrontata da questa per il proprio personale recupero, nonché al danno economico subito, ove dalla violenza e dal danno fisico e/o psicologico fosse anche scaturita l’impossibilità di proseguire - temporaneamente o stabilmente - nel proprio lavoro abituale o di conseguirne uno.

TITOLO 4 - ISTITUZIONE DEL REATO DI FEMMINICIDIO

Il FEMMINICIDIO risulta attualmente costituire un fenomeno emergente ed esteso, anche nel contesto sociale   italiano, per il quale una tipizzazione di reato è ancora assente.
L'istituzione del reato di femminicidio comporta il riconoscimento da parte dello Stato del "delitto di genere", con annullamento automatico di terminologie e motivazioni edulcorate e fortemente stereotipizzate - quali "raptus", "amore", "gelosie" e altre piacevolezze medioevali - ricorrenti non soltanto nel linguaggio giornalistico ma persino in talune sentenze.
Si definisce di conseguenza il FEMMINICIDIO come l’assassinio volontario di una donna da parte di un uomo, quale esercizio di un potere violento derivante da un’idea di appartenenza e/o sudditanza della donna nei confronti dell’uomo.
Costituiscono aggravanti del reato: il legame di parentela, il legame di convivenza affettiva; precedenti denunce di violenza psicologica e/o sessuale e/o di stalking presentate dalla vittima.

TITOLO 5 - PROVVEDIMENTI RELATIVI ALLE CARCERI

Nel richiamare qui quanto espresso in merito alla violenza sessuale (Titolo 3), rileviamo che la presenza di violenze nonché di abusi di natura sessuale tra detenuti nelle carceri non soltanto richiede l'istituzione - o il potenziamento ove già nelle case di detenzione ce ne siano - di specifiche unità antiviolenza, composte di personale medico adeguato con la conseguente presenza anche di psicologi, ma impone che venga meno definitivamente il disumano sovraffollamento attuale.
Questo può essere ridotto in due modi, che non sono però alternativi. L’uno consiste nella costruzione di nuovi   complessi, adatti alle particolari necessità della condizione carceraria, e prevede uno stanziamento cospicuo di fondi.
L’altro è quello di cominciare a svuotare le carceri non con amnistie ma con la conversione della detenzione carceraria in misure sostitutive, che prevedano l'impiego dei condannati per pene minori in lavori socialmente utili di manutenzione del territorio (come pulizia di strade, boschi, fiumi, ecc.), con la conseguente collocazione di tali soggetti presso strutture (appartenenti alla tipologia delle comunità) appropriatamente sorvegliate.
In tal modo si ridurrebbe il sovraffollamento, si faciliterebbe la riabilitazione positiva e il reinserimento di coloro che hanno ricevuto condanne per reati minori e si realizzerebbero anche interventi necessari e pericolosamente trascurati, relativi alla salvaguardia del territorio (vedere in merito il Titolo 8).
Un altro punto ci preme segnalare: è indispensabile rendere meno tetra, discriminante e condizionante la “vita tra le sbarre” di figli e figlie delle detenute, predisponendo ambienti adatti all’infanzia, tali da accogliere in modo consono alle esigenze dell'età queste incolpevoli creature e nei momenti di assenza della madre e altresì in quelli che la normativa prevede debbano invece trascorrere con lei. Anche in questo caso, ove le madri siano detenute per reati minori, appare utile procedere alla conversione della detenzione carceraria in misure sostitutive, ferma restando la necessità della sorveglianza delle strutture adatte all’accoglienza.

TITOLO 6 - LAICITÀ DELLO STATO

Abrogazione del Concordato, per infrazione da parte del Vaticano del principio ivi contenuto di indipendenza tra Stato e Chiesa, che discende dall'art. 7 della Costituzione.
L'infrazione è stata attuata tramite continue pressioni sul Parlamento in tema di aborto, eutanasia, fecondazione   assistita, nonché tramite suggestioni elettorali operate con indicazioni di gradimento.

TITOLO 7 - TUTELA DEL TERRITORIO

L’effettiva tutela del territorio richiede e il controllo continuo dei fattori inquinanti e la costante identificazione e manutenzione delle aree esposte a differenti tipi di rischio. Ci limitiamo qui a poche considerazioni.
1 - L’inquinamento prodotto dai rifiuti non costituisce solo una causa di degrado di intere città o di paesi trasformati in discariche a cielo aperto, degrado che influisce e sulla vita quotidiana degli abitanti e sul turismo; non determina solo una contaminazione del suolo destinato anche all’agricoltura; comporta anche un problema di natura economica, dato che eliminare i rifiuti o trasformarli implica per ogni soluzione adottabile un costo, la cui entità risulta differente.
Nel confronto tra le diverse strategie praticabili, gli inceneritori occupano il posto peggiore e per spesa e soprattutto perché producono fumi inquinanti, nonché ceneri e fanghi residui contenenti metalli pesanti tossici, da smaltire a costi molto elevati.
Non a caso gli inceneritori non godono del favore della Germania e degli USA, nei quali è stata vietata la costruzione di nuovi impianti.
Non sembra poi che la riconversione degli inceneritori in Cogeneratori e Termovalorizzatori abbia modificato di molto il problema.
La raccolta differenziata ha un senso, ma si direbbe dalle risultanze attuali che a livello concreto non risolva, perché occorre avvalersi successivamente di forme di smaltimento ottenuto con mezzi inquinanti.
Ci sembra dunque che sarebbe utile approfondire le possibilità offerte dal Trattamento Bio-Meccanico (i cui impianti hanno un costo minore di quello degli inceneritori), che affronta lo smaltimento della frazione bio-degradabile dei rifiuti mediante l’immissione di batteri aerobici, grazie ai quali la rimanente parte solida può essere separatamente eliminata, portando al minimo la produzione dei residui inquinanti. Impianti di Trattamento Bio-Meccanico sono stati adottati in Germania e qualcuno ne esiste anche in Italia. Tra i più moderni quello del Centro Riciclo Vedelago in provincia di Treviso.
2 - Altro problema è rappresentato dal grave dissesto idrogeologico in vaste aree del suolo nazionale. Al fine dell’individuazione delle aree a rischio alluvione o terremoto e dell’adozione di misure di prevenzione, appare necessario che i Comuni siano tenuti ad aggiornamenti della mappatura geologica dei territori, a cui conseguano provvedimenti specifici, come ad esempio il divieto di tombature di fiumi e corsi d'acqua nelle aree a rischio alluvione. È più che evidente come a un obbligo debba corrispondere la possibilità economica di adempiervi. Occorre dunque predisporre l’accesso a finanziamenti statali, o regionali o europei, se di tal tipo ne esistono, destinati esclusivamente a provvedimenti e interventi di messa in sicurezza del territorio.
3 - Ci appare inoltre urgente che si provveda, con un piano appositamente finanziato, al riutilizzo e alla cura del patrimonio urbano e dei borghi.  La scelta di cementificare le città e di realizzare palazzi scadenti ha determinato la creazione di quartieri privi di servizi e di infrastrutture, poco sicuri e molto trascurati, ben lontani da quel senso d’identità e comunità che era la caratteristica antica dei borghi, oramai largamente abbandonati. Contrastare il processo di spopolamento realizzando servizi nelle borgate offrirebbe occasioni di lavoro e consentirebbe al tempo stesso il recupero della cultura locale di quei di centri.
4 - Riteniamo infine opportuno, per implementare l'occupazione e lo sviluppo dei territori, rafforzare e valorizzare i prodotti locali attraverso il potenziamento della filiera corta, alla stregua di quanto già avviene con i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS).

TITOLO 8 - REPERIMENTO DELLE RISORSE ECONOMICHE

RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI

In relazione al progressivo disarmo auspicato da tutte le nazioni per il raggiungimento della Pace - ideale che tanto efficacemente si proclama e altrettanto efficacemente si tradisce nella prassi quotidiana dei popoli - esprimiamo il nostro più sentito dissenso sull’entità delle spese militari. Certo, l’Italia ha i suoi ESBORSI PRIORITARI! Sono puntate da casinò fuori controllo (per intenderci, quelle dei suicidi finali) per le missioni all'estero infinite e per l’acquisto di armi spettacolari, tra cui troviamo gli splendidi cacciabombardieri F-35, i più costosi della storia dell'aeronautica militare e che peraltro sono a rischio di fulmini, affiancati dai sommergibili U-212, preziosamente di ultima generazione e intesi anche come classe Todaro.
Spettacolare è l’importo degli acquisti, che sperperano in fuochi d’artificio di estasi militari inattuali risorse finanziare ed economiche che potrebbero essere investite altrimenti. Che dovranno essere investite altrimenti, per evitare che il denaro pubblico sia destinato a vantaggio delle industrie delle armi e distolto dai bisogni reali dell’intera popolazione italiana. Abbiamo necessità di finanziare complessi pacchetti di servizi, come quelli che abbiamo indicati in tutti gli obiettivi precedenti; abbiamo necessità di creare nuovi posti di lavoro, ampliando le risorse per lo sviluppo economico; abbiamo necessità di investire nella ricerca scientifica e tecnologica... e dunque il massimo che è possibile fare a favore delle industrie delle armi è di creare PIANI DI CONVERSIONE con agevolazioni ed incentivi per quelle industrie che accetteranno di trasformare la loro produzione mortifera in altra di pubblica utilità.

RECUPERO DEL GETTITO FISCALE

Esistono sicuramente molti campi nei quali è necessario intervenire.  Occorre infatti:
1 - eliminare i privilegi fiscali concessi al Vaticano: il solo finanziamento dell’8 per mille comporta, a quanto pare, un esborso pari a circa un miliardo di euro per anno;
2 - applicare I’IMU alle proprietà vaticane in Italia, alle  fondazioni bancarie, ai partiti e ai sindacati.
Non possono sussistere in Italia né fedi né appartenenze politiche e/o sindacali finanziate tramite esenzioni specifiche dallo Stato, perché i privilegi riguardano sempre e soltanto gruppi sociali limitati e ciò è contrario all’interesse pubblico;
3 - combattere l’evasione  fiscale. Nel 1981 l’evasione fiscale in Italia ammontava a circa 28mila miliardi di vecchie lire. Una cifra equivalente al 7-8% del Prodotto interno lordo. Trent’anni dopo, secondo il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, questa quota è salita fra il 16,3% e il 17,5% del Pil, per un totale che oscilla fra i 255 e i 275 miliardi di imponibile sottratto all’erario. Praticamente, il doppio in percentuale e il quintuplo in cifra assoluta.
La tolleranza nei confronti dell'evasione fiscale - praticata mediante condoni tombali e scudi fiscali, nonché attraverso la mancata richiesta di fatture - ha generato una distorsione nella ridistribuzione delle risorse economiche e finanziarie. Ne è conseguito un aumento delle tasse, che ha sottoposto sia i lavoratori di pendenti sia gli imprenditori onesti a oneri scarsamente fronteggiabili.

EROGAZIONI INDEBITE

Vi è anche la necessità di rivedere la concessione dell’assegno di accompagnamento per le persone anziane, che, come allo stato attuale è formulata, prescinde dall’entità del loro reddito. Occorre dunque stabilire un tetto oltre il quale scatti una progressiva riduzione dell'assegno, sino all’estinguersi dell'assegno stesso. I servizi assistenziali vanno erogati in ragione delle possibilità economiche dei soggetti e non diversamente. Le somme recuperate possono essere impiegate nell’ambito sanitario, tramite una riduzione dei ticket dei farmaci e/o per incrementare l'assistenza che è dovuta ai soggetti più deboli, o destinate invece a finanziare i vari e irrinunciabili obiettivi che in precedenza sono stati elencati.


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2 commenti:

  1. E' un documento assai complesso e articolato e dunque il mio è solo un commento a caldo e un impegno a tornarci in modo più approfondito. Condivido tutto ciò che attiene a estensione dei diritti civili e tutto ciò che si richiama alle inadempienze italiane, rispetto a leggi europee già esistenti, peraltro riguardanti materie spesso a costo zero e dove dunque non esiste alcun alibi rispetto a problemi di spesa o altro. In questo caso credo che sia ultile pensare a campagne di infornazione e forme di presisone costante. Condivido in linea di massima anche le altre parti, ma in molti casi il problema credo non possa essere risolto con campagne di informazione e forme di pressione perchè sono incompatibili con tutta una serie di vincoli già sottoscritti e che possono essere rimossi solo da un'iniziativa comune europea.
    Comunque mi impegno a diffonderlo e penso che potremmo fare qalcosa anche come redazione di Overleft. Visto che ci vediamo domani ne discuteremo con adriana Perrota che fa parte della redazione della rivista ed è coinvolta in prima persona nella stesura del manifesto.

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  2. Grazie intanto per la disponibilità, l'attenzione e l'impegno a diffondere il documento utilmente. Quanto alle incompatibilità sollevate, sarebbe interessante che potessimo esserne informate in modo più dettagliato, per progettare eventuali iniziative future, anche a livello europeo, ove possibile.
    Certamente Adriana Perrotta potrà acquisire nell'incontro accennato elementi diretti anche in tal senso.

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