Si tratta di un antico
insulto alle donne vittime di violenza sessuale. Vuol dire che sei tanto
troia che ti piace comunque.
Chi ha scritto questa frase evidentemente
non ha idea di molte cose.
Mia madre fu ustionata con le sigarette
accese e tagliata con le lamette. La perizia medica misurò tra l’altro
una ferita lunga quasi 30 centimetri.
Poi fu violentata dai componenti
del commando fascista che l’aveva sequestrata armi alla mano.
L’aggressione fu talmente disumana che perfino uno dei membri del
commando, disgustato, chiese agli altri di smetterla e ricevette per
questo un ceffone che lo riportò all’ordine.
Ora io mi chiedo che idea
del sesso abbia uno che è convinto che una donna possa godere ad essere
violentata.
E mi chiedo che piacere sessuale possano trarre le donne che
si accoppiano con questo individuo.
E mi chiedo di
che dimensioni sia il deserto interiore di questo maschio rampante, e
quanta paura debba avere di non essere all’altezza di un vero incontro
d’amore e di passione.
Forse se entrasse nelle scuole una buona
educazione al sesso e ai sentimenti questo vuoto esistenziale potrebbe
essere colmato nelle generazioni future.
La malattia dell’Italia non è
solo politica, è morale, filosofica e sentimentale. Molti non sanno
neppure cosa siano i sentimenti. Vivono tenendo carcerate le loro
emozioni. (…)
Io non credo che l’Italia cambierà seguendo chi è
bravissimo a denunciare la corruzione e la violenza del capitalismo ma
si dimentica di parlare di amore, amicizia, tenerezza, sesso, parto
dolce, sentimenti, emozioni, ascolto di sé, educazione non autoritaria,
scuola comica, arte, valore della vita, necessità di dare un senso anche
alla morte.
Il futuro migliore lo si costruisce casa per casa,
migliorando i nostri baci e smettendo di consumare energia elettrica
prodotta dal petrolio. E scendendo per strada a distribuire abbracci
gratis. La mancanza d’amore si cura aumentando l’amore.”
— Jacopo Fo (25/02/2008)
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