giovedì 20 dicembre 2012

I diritti di Madre Terra: risponde l'avvocato Mari Margil

Mari Margil, avvocato statunintense che ha assistito alla battaglia giuridica degli ambientalisti ecuadoregni, alla vigilia del suo arrivo in Italia ha risposto ad alcune domande di Repubblica (http://www.repubblica.it/ambiente/2012/03/28/news/diritti_della_natura-32353830/)

Cosa vuol dire inserire in Costituzione i diritti della natura?
"Significa che la legge riconosce - ritenendoli vincolanti e da far rispettare - i diritti degli ecosistemi e delle comunità naturali. Questi diritti comprendono il diritto ad esistere, a rigenerarsi e ad evolvere. Così, se un attività (mineraria, estrattiva o simile) dovesse interferire con la capacità di un ecosistema (un fiume, un foresta o altro ancora) a continuare ad esistere e a rimanere in salute, allora quell'attività violerebbe le leggi e non potrebbe essere consentita".

E il suo coinvolgimento come nasce?
"La fondazione Pachamama di Quito è venuta a conoscenza del lavoro che stavamo facendo negli Stati Uniti e ci ha chiesto di andare in Ecuador per incontrare i membri dell'Assemblea costituente. Abbiamo incontrato anche il presidente dell'Assemblea Alberto Acosta, che nel frattempo era diventato un forte sostenitore dei diritti della natura. Così ci è stato chiesto di stilare una bozza che l'Assemblea ha poi fatto propria, ampliandola. Il nuovo testo è stato infine ratificato da un referendum nazionale nel 2008".

A fronte delle crescenti pressioni economiche sull'ambiente, non c'è il rischio che rimangano dichiarazioni di intenti inapplicabili?
"Nel 2011 in Ecuador ci sono state le prime cause intentate in base alla nuova norma costituzionale. In uno di questi casi, il fiume Vilcabamba si è potuto costituire parte civile per difendere la sua possibilità di prosperare dalla minaccia della cementificazione. Alla fine il fiume ha vinto la causa. Una vittoria storica, la prima riportata direttamente da un fiume in un'aula di tribunale".

Non è però certo il primo caso di speculazione bloccato con motivazioni ambientali.
"E' un caso diverso. Le leggi di salvaguardia ambientale esistenti nel resto del mondo continuano a trattare la natura come una proprietà, priva di diritti propri. Così, se l'attività umana minaccia la capacità di un ecosistema di esistere e rimanere in salute, non c'è un diritto specifico da poter difendere. Queste leggi ambientali tradizionali, basate sul concetto di proprietà, legalizzano, tollerandola, una certa quantità di minaccia all'ambiente. Detto altrimenti accettano, regolamentandola, la possibilità che un ecosistema possa essere usato o sfruttato. Ora le cose cambiano, e la natura cessa di essere considerata una proprietà, diventando un portatore di diritti autonomi.  Grazie a leggi scritte per dare la possibilità alla gente e alle comunità di far rispettare questi diritti per conto degli ecosistemi".

Si fa fatica a far rispettare diritti riconosciuti e formalmente accettati da molto più tempo, siete sicuri che i tempi siano maturi per quelli degli ecosistemi?
"C'è un movimento in corso, comunità per comunità, paese per paese. Naturalmente i tempi saranno lunghi, proprio come è accaduto per il riconoscimento dei diritti delle donne, dei bambini, dei lavoratori. Sono necessari cambiamenti radicali non solo nelle leggi, ma anche nella cultura. In giro per il mondo c'è però una crescente consapevolezza, sia tra la gente che tra i governanti, del fallimento delle leggi tradizionali a tutela dell'ambiente. Una consapevolezza della necessità di cambiare il nostro rapporto con la natura che cresce di pari passo con il degrado del Pianeta".

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