Ultimi giorni di Bollettino di Guerra. Una sentenza stabilisce che se la moglie è vittima di depressione e paranoia lui, il marito che la uccide, ne ricava una attenuante.
Ed è buffo perché io pensavo che infierire su una persona con qualunque
genere di disabilità potesse essere considerata una aggravante.
Poi c’è il settantenne che dalle fonti di informazione online viene descritto come un ex militare che avrebbe sparato per “gelosia” alla moglie di 67 anni.
Gelosia. Donna di 67 anni. Chi riporta le notizie in questo modo
dovrebbe riconsegnare la tessera di giornalista iscritt@ all’ordine.
Altro episodio, siamo al #53esimo dall’inizio del 2012, c’è
lui, il compagno, che strangola lei, poi le dà fuoco per simulare un
incidente, prende il bimbo di 11 mesi e finge di averlo salvato dalle
fiamme. Il dettaglio: le fonti di informazione insistono nello
specificare la differenza di età tra i due conviventi, lei 41 anni e lui
26, quasi come fosse naturale prendere compagna quasi quarantenne,
farle fare un figlio, poi liberarsene, prendersi la prole, e chi s’è
visto s’è visto.
E c’è la giornata del blogging day contro la violenza sulle donne, proposta dall’Aied, e da Jumping Shark arriva la segnalazione di una curiosa faccenda che riguarda, chissà come mai, la pagina D di Repubblica.
Sostanzialmente
c’è una intervista a qualcun@ del Centro Antiviolenza Artemisia di
Firenze che parla di violenza sulle donne, domestica, di altro genere,
della visita della delegata Onu che ha parlato in Italia di
Femminicidio, tutte cose attinenti al tema.
A parte il titolo
specista, l’unica cosa non attinente al tema è la foto scelta a corredo
dell’articolo che rappresenta dei modelli, in posa, lei a fare
l’aggressiva antipatica, lui a guardare con benevolenza e comprensione
il bambino il quale si tappa le orecchie per non sentire i bisticci di
mamma e papà. Tornando al titolo, dunque, chi sarebbe la bestia? Chi il
padrone?
Non che una cosa
del genere non possa accadere, figuriamoci, ma è curioso che un
articolo che parli di violenza sulle donne presenti l’immagine di una
donna che aggredisce.
Allora le cose sono due (scegliete quale):
- o Repubblica è diventata improvvisamente “evoluta” al punto da voler ribaltare l’immagine della donna perennemente vittima,
presentata troppo spesso con gli occhi pesti, coerente ad una visione
delle donne sempre passive, bisognose di tutele, mai in grado di
difendersi al punto da aver bisogno di essere recluse, controllate,
monitorate, assoggettate ad una legislazione fortemente securitaria,
repressiva, che le usa a pretesto per imporre un modello sociale autoritario,
e dunque per ribaltare questo tipo di messaggio Repubblica – forse – ha
voluto rappresentare una donna forte, che sa difendersi da sola,
accanto ad un uomo “violento” che finalmente non viene descritto come un
mostro ma solo come uno che “normalmente” si inserisce nelle complesse
dinamiche familiari in modo distruttivo, una donna che è talmente in
grado di difendersi da sola da essere perfino stigmatizzata perché se
lui tira schiaffi il bimbo può vedere ma se lei dice al compagno
“stronzo” la versione social-d-repubblica decide che il bimbo si
risente…
- o D di Repubblica fruisce della collaborazione di impaginatori
fondamentalmente paraculi che volevano neutralizzare l’effetto di un
articolo attraverso una immagine giustificatoria che dà la sensazione
esattamente opposta.
Mettere
una immagine con delle informazioni chiare dirette a chi ha bisogno di
sapere a chi rivolgersi in situazioni di violenza (1522, numeri centri
antiviolenza) proprio non viene in mente a nessuno, eh?
La prossima volta
che scriverò un articolo che racconterà di una violenza di una donna su
un uomo metterò una foto di un uomo che urla e strepita contro una
donna, così magari se ne ricaverà l’illusione che lei lo ha
percosso/ucciso perché lui era un gran rompiovaie. Può andar bene, no?
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