martedì 29 dicembre 2015

“L’antisionista” Comizzoli vuole boicottare l’antisionista (ma ebrea ed israeliana) Noa


Samantha Comizzoli è un’attivista italiana che combatte per i diritti dei palestinesi che sarebbero messi a repentaglio dai “sionisti”.
Noa è una cantante ebrea israeliana, non tanto amata in patria per le sue posizioni fortemente critiche nei confronti di Israele. Ha contestato apertamente il premier Netanyahu, prendendo persino le difese del leader dell’ANP, Abu Mazen, che ella definisce “moderato”.
Cosa dovrebbe ancora fare Noa per non essere definita “sionista”? Probabilmente smettere di essere ebrea ed israeliana, perché le sue posizioni sono tutto fuorché “sioniste”.
Quando un’attivista “anti-sionista” parla di una cantante israeliana, ebrea ed anti-sionista, ci si aspetterebbero parole al miele. Invece i risultati sono sorprendenti.

samanta comizzoli

Secondo Samantha Comizzoli, il concerto di Noa a Ravenna sarebbe “merda sionista”, probabilmente anche per la partecipazione dell’odiato scrittore Erri de Luca che peraltro ha recentemente rivisto e rinnegato le sue posizioni filo-israeliane.
Appare piuttosto evidente che Samantha Comizzoli non conosca Noa e non sappia di chi parli. Chiede al Movimento BDS di “farsi sentire” e invita tutti a scrivere al sindaco di Ravenna per convincerlo ad annullare l’evento. Altrimenti, lei vomita.
Non conosce, Samantha Comizzoli, eppure scrive. Ma voler boicottare un concerto per il semplice motivo che la cantante è ebrea ed israeliana non è più antisionismo, ma antisemitismo.
Come i suoi colleghi spagnoli del Movimento BDS che volevano boicottare “Israele e Noa”, Samantha Comizzoli giudica la cantante sulla base di semplici pregiudizi: è israeliana ed ebrea, quindi sionista.
Definirsi “antisionisti ma non antisemiti”, dopo appelli come questo, risulterà sempre più difficile.



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Nata a Tel Aviv da una famiglia di ebrei yemeniti costretti a fuggire dal loro paese a causa dell'ostilità seguente alla proclamazione dello stato d'Israele, a due anni si trasferisce con la famiglia a New York, dove il padre, docente universitario, aveva ottenuto un incarico.
All'età di 17 anni, a seguito di una profonda crisi d'identità («non ero bianca e non ero nera» ricorda «chi era Achinoam Nini?») decide di fare ritorno in Israele, dove presta servizio militare obbligatorio per due anni. In seguito, Noa ricorderà spesso lo smarrimento di quel periodo: «ero sola, in mezzo a ragazze che parlavano un ebraico che non capivo, si dormiva col fucile sotto il letto».
In Israele conosce il medico pediatra Asher Barak, da lei soprannominato "angelo dallo stetoscopio rosa", che in seguito sposerà. Dal matrimonio nascono tre figli: Ayehli, Enea e Yum.

Il 24 luglio 2014, Pompeo Benincasa, storico agente della cantante dal 1992, rilascia un comunicato stampa denunciando «l'inizio di un ostracismo in Italia che segue quello che Noa subisce da diversi anni in Israele, testimoniato anche dall'assenza totale di concerti di Noa nella sua terra a dispetto della sua fama internazionale e delle sue doti artistiche...» e lamentando la cancellazione del concerto fissato per il 27 ottobre 2014 al Teatro Manzoni di Milano, da parte dell'associazione Adei-Wizo-Donne Ebree d'Italia, in seguito alle recenti dichiarazioni di Noa in favore di una risoluzione del sanguinoso conflitto tra Israele e Palestina, nelle quali l'artista ha affermato di non condividere affatto l'operato di Netanyahu: «Il premier israeliano non sta lavorando per la pace. Dobbiamo cambiare le cose. Prego perché possiamo avere un governo nuovo che desidera la pace e spero che, se questo avverrà, in quel momento anche i palestinesi abbiano le stesse intenzioni mettendo fine così a quel triste tango che tiene in bilico la mia terra tra speranza e delusione...».

Due giorni prima, in una lettera aperta pubblicata sul suo blog, la cantante esprime tutto il suo sgomento riguardo alla difficilissima fase del conflitto attualmente in corso, attaccando «i sermoni dei rabbini Ginsburg e Lior, che parlano della morte romantica e dell'omicidio nel nome di Dio» nonché «le incredibili parole di razzismo scritte da alcuni miei connazionali, le urla di gioia quando i bambini palestinesi vengono uccisi, il disprezzo per la vita umana. (...) Il fatto che abbiamo la stessa fede religiosa e lo stesso passaporto per me non vuol dire nulla. Io non ho niente a che fare con certa gente. Allo stesso modo, anche gli estremisti dell'altra parte sono miei acerrimi nemici. Ma la loro ira non è soltanto diretta verso di me, ma anche verso i moderati della loro stessa società; il che fa di noi fratelli in armi! Proprio come esorto gli Arabi moderati, ovunque essi siano, a fare tutto ciò che è in loro potere per respingere l'estremismo, non ho alcuna intenzione di chiudere gli occhi dinanzi alle responsabilità nostre per il fallimento in atto...».La cantante ha poi continuato a criticare duramente la leadership di Netanyahu, accusandolo di aver fatto «ogni cosa in suo potere per reprimere ogni intervento di riconciliazione. Ha indebolito ed insultato Abu Mazen, leader della più moderata OLP, che ha più volte ribadito di essere interessato alla pace. Quando Abu Mazen ha fatto quelle dichiarazioni sull'olocausto, chiamandolo la più immane tragedia nella storia umana, lo hanno deriso e liquidato senza dargli peso. Non hanno rispettato gli accordi che essi stessi hanno firmato», e concludendo con un ennesimo appello alla riappacificazione: «Se ci rifiutiamo di riconoscere i diritti di entrambe le parti e di farci carico dei nostri obblighi, se ciascuno di noi rimane aggrappato alla propria versione, con disprezzo e sprezzo di quella dell'altro, se continuiamo a preferire le spade alle parole, se santifichiamo la terra e non le vite dei nostri figli, saremo presto tutti costretti a cercare una colonia sulla Luna, perché la nostra terra sarà così zuppa di sangue e così intasata di lapidi che non vi resterà più niente per vivere».
(wikipedia)

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