Il caso delle lavoratrici Omsa è in stallo, anzi, sarebbe meglio dire che è in "melina"! Eh si perché tra una richiesta, una trattativa e innumerevoli rinvii si può ben definire melina questa tiritera che (sappiamo bene) non porterà alla riassunzione del personale della fabbrica.
Come per l'Omsa così è per le tante altre fabbriche che hanno deciso di spostarsi all'esterno del territorio italiano, sfruttando la manodopera sottopagata di altri paesi dell'oriente e medioriente ma comunque facendo pagare il prodotto al consumatore a "prezzo pieno".
Quello che penso è che dopo tutte le agevolazioni che queste fabbriche hanno avuto nascendo in Italia, ora risulta ben chiara la depredazione messa in atto negli anni della loro permanenza nel nostro Paese. Ora che si sono trasferite una dopo l'altra all'estero, contribuendo così ad impoverire il PIL e contribuendo ad incrementare soltanto le proprie tasche, ripeto, sottopagando la manodopera e vendendo al dettaglio a prezzo pieno e comunque col marchio made in Italy.
E' comprensibile la rabbia delle lavoratrici Omsa (e anche di tutti gli altri lavoratori Sigma, S. Pellegrino, Benetton, Fiat... e mi fermo qui perché la lista è purtroppo lunga!) ed è insopportabile questa presa in giro mascherata da trattative tra i cassaintegrati e le istituzioni, perché lo sappiamo tutti che non farà tornare codeste fabbriche in quanto non conviene alle tasche dei titolari.
A mio avviso la cosa migliore che si possa offrire alle ragazze Omsa (senza di loro, voglio ricordarlo, le calze non sarebbero potute esserci!) è il macchinario per continuare a realizzare il loro lavoro. Diventerebbero così loro stesse imprenditrici-lavoratrici, e noi, che a quanto pare di calze non possiamo farne a meno, potremmo acquistare il loro prodotto (italianissimo) piuttosto che quello della Omsa o della S.Pellegrino (ormai straniere).
Altro che cassainegrazione e meline!
Le istituzioni, se vogliono davvero dare una mano a far crescere il PIL,d ovrebbero fare in modo che il lavoro resti in Italia, e se non riescono a convincere le fabbriche a restare, dovrebbero perlomeno agevolare i cassintegrati (cioè quelle persone che sono anche la preziosa e indispensabile manodopera) a realizzare un progetto di lavoro, di produzione di beni di consumo, acciocché la dignità di essere e il diritto al lavoro possa tornare a far parte della Costituzione italiana non solo su carta.
Non c'è più tempo per le chiacchiere vuote se vogliamo davvero che le condizioni del nostro Paese diventino migliori.
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