E’ del 7 maggio la notizia delle dichiarazioni di Oliviero Toscani che
hanno indignato il popolo del web e non solo… Cos’ha detto Toscani?
All’agenzia Adnkronos ha dichiarato:
“Le donne devono volersi bene per
quello che sono. Devono essere più sobrie, diano importanza all'essere
più che al sembrare, solo così si possono evitare altri casi di
femminicidio- spiega il fotografo dall’occhiale rosso- Serve un ruolo
più serio delle donne. La smettano di dover sempre sedurre, altrimenti
finiranno per sedurre solo maniaci e i violenti. Le donne non si devono
truccare, mettersi il rossetto, devono volersi bene per quello che
sono“. E poi: “Ormai i tacchi sono inversamente proporzionali
all’intelligenza. È un vero disastro. Sono tutte rifatte, con labbra che
sembrano canotti e nasini tutti uguali. Ma cosa è successo? Questo
voler sembrare, apparire, alla fine conduce la donna a essere
considerata un oggetto e non più un’entità intelligente. Se avessi una
moglie come quelle donne lì sarei molto in crisi”.
Come la vogliamo chiamare questa dichiarazione? Una “provocazione”? Se
così fosse, alla luce degli ultimi casi di cronaca, una provocazione del
genere sarebbe non solo del tutto fuori luogo ma avrebbe un’aggravante:
queste parole sono pronunciate da un professionista che sulle
provocazioni vere, serie, d’impatto, ha costruito la sua carriera di
grande fotografo e con successo. A me fanno rabbia, m’indignano e
lasciano l’amaro in bocca perché possono essere prese come esempio,
possono ottenere un seguito da chi vuole emulare una personalità di
successo… e poi scusate, ma non posso non pensare che certe frasi dette
da un artista che grazie alle donne (nel bene e nel male) ha costruito
la sua carriera, siano quantomeno ipocrite… Si
sa, la pubblicità funziona quando non è esibizione
gratuita del prodotto ma quando fa parlare di se, quando accende gli
animi, quando scatena le penne degli opinionisti e degli intellettuali. E
Toscani ci riesce sempre bene a quanto pare, ma quale prodotto doveva
pubblicizzare stavolta? Forse se stesso?
|
La pubblicità dei blue jeans Jesus Bonn che fece scandalo e che segnò l'inizio della carriera di Toscani |
Sull’intelligenza, invece, di certe affermazioni di Toscani sulle donne
che si truccano troppo e attirano i maniaci e violenti, avrebbero
qualcosa da ridire pure alcune associazioni, tipo il Telefono rosa. «Le provocazioni di Oliviero Toscani sono vecchie, insulse e hanno stancato» dice all'Adnkronos Gabriella Moscatelli, presidente dell'associazione. «Secondo lui per non essere violentate o uccise dobbiamo metterci tutte il burqua in modo da non provocare gli uomini?».
La Moscatelli continua poi augurandosi che Toscani si sia sbagliato a
parlare e che accortosi dell’abbaglio si dia il disturbo di ritrattare o
rettificare le sue affermazioni, ovviamente lo vorremmo molto anche noi
caro signor Oliviero anche se siamo arrivati già all’11 di maggio e
nessuna notizia mi è arrivata alle orecchie di sue scuse o nuove
dichiarazioni sull’argomento. E’ chiaro che continuare a fare
affermazioni di questo tipo vuol dire legittimare il caso di stupro o di
violenza o di omicidio su donne che in discoteca mettono la mini,
rientrano con il taxi perché non sono sobrie, passeggiano sole senza
scorta e con i tacchi, ma come è sbagliato generalizzare dicendo che
tutte le donne con le ballerine e senza trucco sono delle sante, è
sbagliato anche dire che tutte le donne con il tacco e il rossetto sono
istigatrici di violenza. Altrimenti, caro Toscani, si ottiene l’effetto
contrario: aumentare la cultura dell’ignoranza secondo la quale gambe,
rossetto, trucco delineano il profilo di “donna di facili costumi”. E mi
domando davvero se questo sì, non sia, indirettamente istigazione alla
violenza… E’ pur vero che l’Italia sta regredendo ma mica vorremmo
tornare ai tempi delle caverne?
Caro Oliviero Toscani la invito
cordialmente a leggere queste poche parole che secondo me riassumono il
pensiero e l’indignazione di molte persone, lo sfogo di una donna nel
suo aggiornamento di stato fb che mi ha molto colpito, il suo nome è
Angela Rita Iolli di Roma e, nella sua “lettera aperta a Oliviero
Toscani”, scrive così:
"Caro Oliviero Toscani, da donna a
fotografo ti regalo un mio scatto. Stampatelo e ripeti con me che un
abito scollato, un rossetto, i tacchi non autorizzano nessuno a
stuprarmi, bruciarmi, rovinarmi con l'acido, uccidermi, picchiarmi. E mi
meraviglio che un uomo come te, che ha condotto battaglie con il suo
strumento più intelligente, oggi polverizzi anni di emancipazione. Che
stupidamente fornisca l'alibi ad omuncoli che per anni si sono
giustificati con il pretesto che una provocazione renda l'uomo ladro. In
questo caso assassino o stupratore. No, la questione è molto più seria,
meno banale e tu ci devi chiedere scusa. Ora. E devi chiedere scusa
alle ragazzine, alle bambine che nemmeno sanno cosa siano i tacchi
eppure sono violentate o uccise. E devi chiedere scusa alla donna che
incinta si stava recando in ospedale per un controllo e le hanno gettato
l'acido. E devi chiedere scusa anche a chi, una sera, esce con i tacchi
e il rossetto e poi viene raggiunta da vigliacchi folli, che abusano
togliendo libertà a lei e a tutte noi. Irrimediabilmente. Io pretendo le
tue scuse. Perchè ogni giorno che indosserò i tacchi o il rossetto,
ripenserò alle tue parole e avrò paura, ma non del mondo, soltanto di
uomini e parole simili. Perchè caro Oliviero hai proprio sbagliato a
pronunciare quelle parole e ogni tacco di donna oggi avrebbe dovuto
prenderti a calci!”
Ringrazio a nome di tutte le donne morte, ferite, violentate e vessate
psicologicamente, sessualmente, economicamente ecc… Angela Rita anche se,
confesso, che i miei tacchi non li sporcherei per questo individuo al
limite della misoginia.
Sempre martedì 7 maggio Oliviero Toscani è
arrivato a San Felice sul Panaro (Modena) dove ha iniziato a fotografare
i protagonisti di tante tristi e drammatiche storie legate al terremoto
del maggio scorso e rubarne sguardi, delusione ed emozione. I frutti
del suo lavoro saranno esposti durante Fotoincontri, la manifestazione
in programma dal 24 al 26 maggio a un anno dalle scosse.
"Voglio catturare l'anima, lo
spirito, ciò che siamo dentro, chi si accetta è sempre fotogenico, per
essere semplici bisogna piacersi e rispettarsi; ogni essere umano è una
opera d’arte, nessuno è brutto; le donne oggi sono maschere di se
stesse, la cosa più bella è la sobrietà; chi vuole sedurre non ha
personalità".
Ha detto Toscani ai cittadini che passavano davanti al suo obiettivo. "I
dodici scatti più belli saranno scelti dal maestro Toscani - spiega il
presidente di Photoclub Eyes Luca Monelli - per diventare manifesti da
affiggere sui muri del paese in occasione della manifestazione
fotografica realizzata in collaborazione col Comune con la finalità di
sostenere la rinascita delle zone terremotate". Tutto molto bello e
d’altra parte non è la prima volta che Toscani prende a cuore temi
d’attualità e sembrerebbe essere quasi magnanimo, ricordate la sua
crociata per l’anoressia? Ma anche qui ritroviamo l’ennesima frecciata
alle donne e se devo proprio dirla tutta questo finto buonismo non mi
convince… Sarà la sua creatività da fotoreporter che gli fa fare
affermazioni eccentriche? Il signor Toscani è vagamente misogino o
vorrebbe solo sembrare un intelligente anticonformista? E sarà ancora la
creatività quella che gli ha fatto dire, davanti agli splendidi glutei
di una modella immortalata dal suo collega fotografo Terry Richardson
per una pubblicità della casa di moda Silvian Heach:
«Le prime a fare schifo sono le
donne. Tutte troie. Preferiscono puntare sulla bellezza, anziché
sull'intelligenza. Povere donne. Per fortuna non ho mai avuto mogli
italiane. Culi bassi, gambe corte e ascelle pelose. Mi state sulle
palle».
Ma che gli avranno fatto mai le donne a Oliviero Toscani? E le italiane
poi? La sua crociata misogina non ha risparmiato neppure le madri. In
un'intervista a Donna Moderna (uno di quei giornali femminili di cui
pensa il peggio possibile: «Giornali
incostituzionali sin dal genere, diretto da donne, ovvio. Che ha in
prima strilli come Chirurgia estetica, sesso, orgasmo, diete»), spiegò a modo suo la violenza degli uomini verso le donne:
«Nella stragrande maggioranza dei
casi è colpa delle madri che hanno avuto. E vorrei che le madri ne
fossero consapevoli: tocca soprattutto a loro educare i figli, crescerli
nel segno del rispetto verso l’altro sesso e il resto del mondo».
Insomma, tutta colpa delle donne, narcise, vanesie, ossessionate dal
look e dalla chirurgia estetica, e come se non bastasse pessime madri.
Toscani la riassume così: «Siete bestie da sesso, ecco cosa siete».
Ecco Toscani ci ha fatto un bel quadretto… Cosa andiamo cercando? In un
momento in cui non si parla altro che di femminicidio? In Italia sono
state 124 le donne uccise nel 2012, più di una donna uccisa ogni due
giorni e 47 ferite nel solo 2012, 37 invece le donne uccise nei primi 5
mesi del 2013 , una lista che si allunga tristemente ogni giorno. Una
delle ultime era delle mie zone di nascita, quando ho sentito che, nei
luoghi dove andavo in bicicletta solo qualche anno fa, è stata trovata
accoltellata questa ragazza ho avuto un moto di rabbia mista a impotenza
e a paura… cosa accade alla nostra società?
L’87 per cento delle donne
che hanno chiesto aiuto a Telefono Rosa hanno subìto violenza in
famiglia o da quelli che potevano ritenere fossero “i loro cari”,
secondo l’indagine dell’associazione relativa al 2011.
“Non c’è una
risposta adeguata a questa crescita inaudita di dati relativi alla
violenza sulle donne” dicono a Telefono Rosa ricordando che i soldi del
fondo antiviolenza sono stati ridotti.
Eppure si moltiplicano le
iniziative atte a sensibilizzare sul tema del femminicidio, lo scorso
anno in luglio in Campania è stata addirittura approvata una legge regionale contro la violenza sulle donne, nascono nuove iniziative come il flash mob intitolato "Break the Chain" del 14 febbraio scorso e pagine fb contro il femmicidio come “Femminicidio: mettici la faccia”
Campagna contro la violenza sulle donne promossa dalla Rete degli
Studenti Medi e l'Unione degli Universitari. La campagna consiste nel
postare una propria foto accompagnata dallo slogan:
“stop femminicidio #iocimettolafaccia"
a questa campagna hanno aderito personaggi noti del mondo dello
spettacolo e della politica, e moltissima gente comune, anche io
ovviamente ci ho messo e ci metto di nuovo la mia di faccia e invito a
farlo anche a voi… e allo stesso tempo mi chiedo: servirà a qualcosa?
Servirà a far comprendere a persone come Oliviero Toscani che il
problema esiste e che è necessario prendere provvedimenti seri sia in
Italia che all’estero? Lo vede caro Olivieri che nella foto ho rossetto e
trucco e persino una corona di fiori? Riesce a togliere i suoi
paraocchi e a guardare oltre l'apparenza?
Quella corona è per tutte le
donne che quando gli è stata usata violenza, quando sono state uccise
per mano di un uomo non erano nè truccate nè discinte ma conducevano la
loro vita ignare pure di cosa fosse la parola femmincidio.
Quella corona è
per tutte quelle donne che truccate e con i tacchi vogliono continuare a
esercitare la libertà di girare senza pericolo per le strade, che
vogliono esercitare il loro diritto ad essere se stesse!
Vi siete resi conto di cosa sta accadendo anche in India? Gli
uomini che percezione hanno di questo incrudimento di violenza verso le
donne? Nella stessa pagina fb ma anche altrove nel web e per la strada
leggo e ascolto commenti piccati di uomini che non accettano il termine
femminicidio qualcuno ad esempio scrive:
”Non sono misogeno, non odiatemi. Io
odio chi odia, e odio chi uccide. Ma il femminicidio NON ESISTE. Esiste
l'omicidio, ossia quando una persona (donna o uomo) viene uccisa.“
Un altro ancora scrive in un commento a un articolo:
” […]Femminicidio? ” Chiamarlo
semplicemente assassinio, no? Sul fatto dell'uso delle parole, bhe,
direi che col "femminicidio" non ha proprio nulla a che fare. La
classica "perla" femminista che tende a mettere su un piano superiore la
donna rispetto all'uomo, che anche se muore, resta sempre una vittima
di omicidio e la donna quella del femminicidio. Veramente non sopporto
la violenza, ma nemmeno l'ipocrisia di chi la strumentalizza a scopi
politici.”
Che poi potrei anche rispondere al signore della seconda affermazione di
cui sopra e a tutti quelli che la pensassero come lui che, semmai, una
parola davvero sessista, dovrebbe essere omicidio, se usata nel caso
delle donne… Leggiamolo da Etimo direttamente: OMICIDIO da homo (uomo) e
caedes (uccisione), uccisione dell’uomo per opera dell’uomo, quindi…
Scherzi a parte, ma insomma, ci rendiamo conto che non possiamo neppure
usare un nuovo termine per individuare un fenomeno criminale della
società attuale senza essere etichettate come femministe? E che dovremmo
accettare il fatto che una donna che viene uccisa deve essere
necessariamente inserita per par condicio nella definizione di omicidio,
cioè "uccisione di uomo"? Non è un assurdo concettuale? E chi fa queste
affermazioni conosce il significato del termine femminicidio e si rende
conto delle cause che hanno prodotto l'uso di questo neologismo? Cosa
c’entra la politica con una realtà incontrovertibile di tendenza alla
violenza contro le donne? Perché ci si è presi il disturbo di creare
addirittura una nuova parola, da dove viene questo termine e quando è
accaduto che il suo uso è divenuto popolare e perchè?
Io ho voluto dare una risposta a tutte queste domande e ho inziato a fare ricerche e mi sono imbattuta nel bellissimo articolo
di Barbara Spinelli sul Corriere della Sera blog che spiega l’origine
politica, storica e sociale dell’uso di questo termine e la storia del
femminicidio dalla sua comparsa come termine d’uso in larga scala. Ne
trascrivo solo qualche riga per capire cos’è il Femminicidio, ma
v'invito a leggerlo tutto.
Il termine femminicidio, o femicidio, si riferisce alle violenze
che vengono perpetrate dagli uomini ai danni delle donne in quanto
tali, ossia in quanto appartenenti al genere femminile. Il femminicidio
comprende inoltre tutti quei casi di omicidio in cui una donna viene
uccisa da un uomo per motivi relativi alla sua identità di genere..
Estensivamente il termine femmincidio indica tutte le forme di violenza
di genere contro le donne in ambito pubblico e privato. In lingua
inglese il termine femicide (femicidio) veniva usato già nel 1801 in
Inghilterra per indicare "l'uccisione di una donna"[1][2].
Il termine è stato utilizzato dalla criminologa Diana Russell nel 1992,
nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of
woman killing. La Russell identificò nel femmicidio una categoria
criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo
contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l'esito di
pratiche misogine.
“Tutte le società patriarcali hanno
usato –e continuano a usare- il femminicidio come forma di punizione e
controllo sociale sulle donne” afferma la Russell.”
Un anno dopo, nel 1993, l'antropologa messicana Marcela Lagarde utilizza il termine femminicidio per comprendere:
« La forma estrema di violenza di
genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani
in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine -
maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul
lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria o anche
istituzionale - che comportano l’impunità delle condotte poste in essere
tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in
una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o
il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte
violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze
fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al
disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla
democrazia »
(Marcela Lagarde[3][4])
Il femminicidio secondo Marcela Lagarde è un problema strutturale, che
va aldilà degli omicidi delle donne, riguarda tutte le forme di
discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la
donna nella sua identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche
nella loro dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione
alla vita pubblica. Pensiamo a quelle donne che subiscono per anni
molestie sessuali sul lavoro, o violenza psicologica dal proprio
compagno, e alla difficoltà, una volta trovata la forza di uscire da
quelle situazioni, di ricostruirsi una vita, di riappropriarsi di sé.
Il termine è stato ripreso e diffuso da numerosi studi di sociologia,
antropologia, criminologia e utilizzato negli appelli internazionali
lanciati dalle madri delle ragazze uccise a
Ciudad Juárez.
"Nuestras Hijas de regreso a casa" è il movimento cofondato fondato da Marisela Escobedo Ruiz,
uccisa nel gennaio 2010 in Messico nel corso della sua protesta per
ottenere la verità sulla morte della figlia.
A un anno di distanza Norma Andrade,
altra fondatrice di Nuestra Hijas, subisce un attentato.
È proprio
dall'analisi dei crimini di massa compiuti contro le donne che la
Lagarde propone la sua definizione. Questo neologismo è salito alla
ribalta delle cronache internazionali anche grazie al film Bordertown,
in cui si racconta proprio dei fatti di Ciudad Juarez, città al confine
tra Messico e Stati Uniti, dove dal 1992 più di 4.500 giovani donne
sono scomparse e più di 650 stuprate, torturate e poi uccise ed
abbandonate ai margini del deserto, il tutto nel disinteresse delle
Istituzioni, con complicità tra politica e forze dell’ordine corrotte e
criminalità organizzata, ed attraverso la possibilità di insabbiamento
delle indagini esacerbata dalla cultura machista dominante e da leggi
che, ad esempio, non prevedevano lo stupro coniugale come reato e
prevedevano la non punibilità nei confronti dello stupratore che avesse
sposato la donna violata...
La storia continua e (pochi la conoscono) sia
nella realtà storica delle vicende di Ciudad Juàrez sia nell'articolo,
sia nel libro in cui Barbara Spinelli ripercorre le vicende legate al
Femminicidio. Non la riporto qui ma v'invito a leggerla per farvi la
vostra idea dell'argomento che stiamo trattando, per approfondire un
tema di attualità che ci vede coinvolti come diretti interessati perchè
la violenza non risparmia nessuno, non uomini, non donne, non bambini e
va sempre perseguita!
"Femminicidio è un termine che a
livello internazionale ha fatto storia, sta facendo storia, sta segnando
una rivoluzione dal basso...a me non va di negare questa storia, di
autocensurarmi e limitarmi, di chiedere agli uomini di essere più
gentili, non voglio solo dire sono stati loro, voglio fare molto di più,
voglio smascherare tutte le forme attraverso cui il potere patriarcale
mi opprime e mi limita come donna, mi impedisce di autodeterminarmi e
fruire dei miei diritti, e voglio lottare per ottenerli ".
"Che bisogno c’era di un nome nuovo?
Sempre di omicidi si trattava. Purtroppo non avevo fonti di informazione
italiane su questo strano neologismo, che già alcune associazioni di
donne iniziavano a usare (UDI, Donne in nero, Casa delle donne per non
subire violenza di Bologna) così decisi di andare a fondo, documentarmi,
capire. Rimasi così soggiogata dalla storia celata dietro questa
parola, che decisi di raccontarla in un libro , perché tutti potessero
conoscere la tenacia delle donne che l’avevano scritta ed i risultati
che avevano ottenuto."
Così Barbara Spinelli racconta di come sia nato il suo libro:
Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale
Barbara Spinelli, praticante avvocato, collabora con i Giuristi
Democratici a livello nazionale ed internazionale e con la Rete
Femminista. Le sue ricerche riguardano soprattutto le politiche di
contrasto alla violenza e alle discriminazioni di genere e il
femminicidio nel mondo. Oltre a numerosi articoli per quotidiani e
testate specialistiche, sul tema ha redatto per i Giuristi Democratici
il dossier "Violenza sulle donne: parliamo di femminicidio. Spunti di
riflessione per affrontare a livello globale il problema della violenza
sulle donne con una prospettiva di genere".
Perché un libro sul femminicidio? Per raccontare le origini e la storia
di questo recentissimo neologismo, ormai sempre più diffuso anche nel
nostro paese con riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez,
in Messico. L'autrice documenta la nascita del termine femminicidio,
antecedente a tali fatti, e spiega come esso sia stato adottato dalle
donne centroamericane per veder riconosciuti e rispettati i propri
diritti umani, in particolare quello ad una vita libera da qualsiasi
forma di violenza. Femminicidio è la violenza fisica, psicologica,
economica, istituzionale, rivolta contro la donna "in quanto donna",
perché non rispetta il ruolo sociale impostole. L'autrice illustra,
inoltre, le tesi elaborate in Centroamerica sulle cause del femminicidio
ed espone i meccanismi di indagine e di denuncia, i dati risultanti
dalle ricerche locali, le politiche sviluppate sulla loro base, la
conseguente richiesta di riconoscimento giuridico del femminicidio come
specifico reato e come crimine contro l'umanità.
Nel volume si mette in luce l'alleanza tra donne e Ong a tutela dei
diritti umani per inchiodare lo stato messicano alle sue responsabilità
per i massacri di donne a Ciudad Juarez. Ora, grazie alla copertura
mediatica del caso messicano, il femminicidio non rappresenta più solo
una specificità centroamericana, ma ha assunto una valenza generale,
uscendo dall'ambito importante, ma ristretto, della descrizione di un
fenomeno locale per costruirsi come concetto giuridico, di rilevanza
interna e internazionale.
Il percorso di riconoscimento del femminicidio come crimine contro
l'umanità, ora preso in considerazione anche a livello europeo, ha una
valenza universale: consente di individuare il filo rosso
che segna, a livello globale, la matrice comune di ogni forma di
violenza e discriminazione contro le donne, ovvero la mancata
considerazione della dignità delle stesse come persone. Non rispettare i
diritti delle donne lede l'umanità tutta: tale affermazione pone le
basi per la costruzione di relazioni sociali diverse, incentrate sulla
Persona in quanto tale e sul rispetto reciproco a prescindere da ogni
forma di diversità, sia essa sessuale, etnica, giuridica o ideologica.
"L'obiettivo di quante parlano di
femicidio (tutte le uccisioni di donne in quanto donne) e di
femminicidio (indica tutte le forme di violenza di genere contro le
donne in ambito pubblico e privato) non è solo di denuncia, bensì di
rendere pubblico un problema nei secoli considerato privato, quello
della violenza esercitata dagli uomini sulle donne e farne elemento
chiave del dibattito politico".
Il femminicidio e la violenza fisica sono spesso legate allo stupro. Si
sa che lo stupro è considerato come tattica di guerra ed è un crimine di
guerra, nei paesi cosiddetti civilizzati non si hanno fenomeni
dilaganti ma circoscritti seppur crudi e gravissimi, ma in alcuni paesi
questa piaga che porta anche alla morte è impressionante per la sua
diffusione e attuazione.
Il reato di stupro è una tattica di guerra
atta a umiliare, dominare, instillare paura, cacciare e/o obbligare a
cambiare casa i membri di una comunità o di un gruppo etnico.
In
un’Africa dilaniata dalle guerre civili e dalle lotte fratricide,
l’uso sistematico delle violenze sessuali è uno dei metodi bellici più
utilizzati in questi conflitti ataviche ed estenuanti, all’interno delle
quali a farne le spese è soprattutto una popolazione civile già al
limite delle condizioni economiche, sanitarie e di sopravvivenza. Ce lo
dimostra anche l’esperienza della delegazione di tre eurodeputati,
guidata da Jürgen Schröder del partito popolare europeo e democratici
europei (PPE-DE), recatasi l’1 aprile 2008 nella Repubblica Democratica
del Congo per sette giorni. In questo stato, pare che la situazione sia
migliorata dopo la firma degli accordi di pace siglata nel gennaio
scorso.
"Lo stupro è stato uno strumento di guerra, ma dopo gli accordi
di pace la situazione è cambiata", dichiara l'eurodeputato tedesco. "Ora
lo stupro è un segno di ordinaria criminalità perpetrato per lo più da
fazioni ribelli, dai componenti dell'esercito regolare e anche dalla
popolazione civile".
Secondo le cifre del piano d’azione umanitario del 2008, gli stupri
perpetrati nel 2007 in Congo ammontano a 30.000. Drammatica anche la
situazione in Sudan, dove è alta l’incidenza di stupri contro donne ed
adolescenti: da ottobre 2004 a febbraio 2005, sono state curate quasi
500 vittime di violenze in numerose località del Darfur occidentale e
meridionale, il 28% delle quali dichiarano di essere state violentate da
più persone e ripetutamente. Appare chiaro che il numero di denunce non
corrisponda al numero effettivo delle violenze. Le donne hanno
raccontato di essere state percosse con bastoni, fruste o asce prima,
durante e dopo lo stupro.
Le vittime di stupri spesso non vengono curate,
ma emarginate, stigmatizzate, a volte persino messe in prigione. Non
bisogna dimenticare quanto le violenze sessuali siano un fattore
determinante per la diffusione di malattie, quali l’HIV. In questo
panorama non è solo il continente africano ad essere teatro di violenze:
in Kosovo ad esempio, dove è stata istituita la Kosovo Women’s
Initiative atta a diminuire la distinzione tra sessi attraverso la
formazione professionale e la scolarizzazione, durante la guerra sono
state violentate 20mila donne, in maggioranza musulmane.
Il documento
dei Quindici, approvato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,
chiede la cessazione delle violenze sessuali contro i civili nelle zone
di guerra, minacciando i colpevoli di condurli di fronte alla Corte
Penale Internazionale de l’Aja. Al dibattito hanno preso parte sette
donne ministro.
La relatrice del rapporto, Radhika
Coomaraswamy, ha riferito di abusi sessuali di “brutalità
inimmaginabile”, illustrando una mappa delle violenze che spazia dai
Balcani all'Africa Australe, dal Sud Est Asiatico all'America latina.
Tra gli episodi documentati ce n'è uno che riguarda il Kosovo e risale
al 1999 (ci sono anche i fatti addebitati ai militari italiani in
missione in Somalia negli anni tra il 1992 e il 1995).
Definire lo stupro come reato sessuale, tuttavia, non è sufficiente:
bisogna appropriarsi della cultura di molti popoli, all’interno dei
quali la donna è ancora vista in una posizione inferiore agli occhi
dell’uomo; bisogna capire
come la violenza sessuale sia prima la violazione di un diritto
individuale, e in quanto tale dovrebbe essere inclusa nel panorama
generale dei diritti dell’uomo. Un sistema giuridico appropriato e una
seria rivalutazione del ruolo della donna devono essere il contesto
basilare in cui far valere il principio dell’inviolabilità della
persona.
“Per più di quindici anni” scriveva Betty Friedan “non
si è fatta parola di questo turbamento nelle rubriche, nei libri, negli
articoli scritti sulle donne e per le donne da esperti che sostenevano
che il compito di queste ultime era di cercare la realizzazione della
loro personalità come mogli e madri”. Mogli e madri, non si faceva parola del lavoro come valore, negli anni Cinquanta, tranne che per gli uomini. Le donne, quindi, “impararono a compatire quelle donne nevrotiche,
poco femminili e infelici che volevano fare le poetesse, le scienziate o
essere presidentesse di qualche associazione. Appresero che le donne
veramente femminili non desiderano perseguire una professione, ricevere
un’istruzione superiore, esercitare i loro diritti politici: che cioè
non desiderano quell’indipendenza e quelle prospettive per cui le
femministe d’altri tempi avevano combattuto. Qualche donna tra i
quaranta e i cinquant’anni si ricordava ancora di aver rinunciato con
rammarico, a quei sogni, ma le donne giovani, nella grande maggioranza,
non ci pensavano nemmeno. Migliaia di esperti plaudivano alla loro
femminilità, al loro adattamento, alla loro nuova maturità. Non si
chiedeva loro che di dedicare la vita, sin dall’infanzia, a trovare un
marito e a partorire figli”.
Queste parole hanno segnato un’epoca. L'effetto prodotto dal libro della Friedan, La mistica della femminilità,uscito nel 1963 furono la miccia che fece scaturire la “seconda ondata” femminista degli anni Sessanta.
La Friedan per certi versi fu una visionaria perchè anticipò i tempi.
Io penso che anche oggi stiamo vivendo gli esordi di una sorta di
rivoluzione femminista, lenta e occulta, ma paziente, perchè le donne
escono allo scoperto, non vogliono più subire violenze e umiliazioni, e
forse si stanno facendo coraggio nel voler affrontare la loro vita
riappropiandosene senza condizioni. Siamo ancora lontani da veder
riconosciuti i diritti primari di cui ogni persona indipendentemente dal
sesso dovrebbe poter godere e noi donne siamo ancora lontane dal
vederci riconosciuto l'appoggio incondizionato da parte degli uomini nel
tutelare i nostri diritti. Questa contrapposizione crea già un
conflitto e le donne e gli uomini stanno alzando barricate anzichè
costruire ponti, la rivoluzione più grande domani sarà quella di vedere
uomini e donne uniti contro la violenza e non divisi da neologismi,
definizioni o lotte intestine e ideologiche.
Caro Oliviero Toscani lei è così antiquato da non vedere nè col suo
obbiettivo nè con i suoi stessi occhi i prodromi di una rivoluzione che è
già in atto e che vede le donne impegnate a mobilitare tutte le loro
risorse nell'affermazione della loro riacquisita individualità e nella
sensibilizzazione di chi vuol mettersi i paraocchi per non dover vedere
oltre il rossetto e i tacchi. E' vero le donne debbono piacersi anche
senza tacchi e senza rossetto o botulino, soprattutto per venire meno
agli stereotipi di uomini che per anni le hanno desiderate come bambole
gonfiabili, ma io dico che le donne prima di tutto debbono piacersi anche coi tacchi o col rossetto, anche con la voglia di liberarsi dalle imposizioni maschili, anche
con quell'istinto rivoluzionario che vuole emanciparle da una cultura
sessista che le vede solo nel suo potenziale erotico, sessuale, o di
sfruttamento lavorativo, commerciale. Io vedo milioni di donne,
con rossetto e senza, coi tacchi o con le ballerine, impegnate,
intelligenti, che portano avanti famiglie, aziende, lavorano dentro e
fuori casa, spesso in questo momento di crisi sono le uniche a mantenere
economicamente la famiglia, sono il fulcro centrale della società e
sono l'anima di ogni conciliazione e di ogni speranza infrantasi nelle
elucubrazione politiche di un paese alla deriva che non riesce a
costruire più nulla.
La violenza maschile sulle donne non è una questione privata, ma politica.
Ecco
perché vi chiedo di firmare l’appello di «Ferite a morte» che chiede al
Governo e al Parlamento di convocare senza indugi gli Stati Generali
contro questa violenza. Servono interventi immediati, è necessario
riconoscere l’urgenza e istituire finalmente un Osservatorio Nazionale
che segua il fenomeno.
Grazie.
Scrive così Serena Dandini anche lei impegnata
attivamente sul
fronte della sensibilizzazione con spettacoli e libri, e ora con la
petizione del link sopra che mi è appena arrivata e che mi accingo a
firmare,io vi invito a divulgarla come anche tutte le notizie di questo
articolo, perchè
Le donne sono più consapevoli,
questa è la loro nuova rivoluzione, le donne hanno una forza senza
paragone e non è vero che non si uniscono, che non sanno costruire
ponti... lanciano dei fili lunghissimi fino all'altra parte del mare,
fino all'altra parte del mondo e non si rompono al primo alito di vento,
resistono alle tempeste e alle mareggiate, s'incontrano, s'intrecciano,
si aggrovigliano e tessono una coperta meravigliosa che le avvolge e le
protegge dal dolore e dall'incomprensione... Noi donne siamo il fil rouge
della continuità, della vita fisica sulla Terra sì, ma anche della
vita animica dell'Umanità nella sua interezza, nel suo potenziale
energetico di Ying e Yang, nella fusione di energie uguali e contrarie,
complementari e interdipendenti, essenziali al mantenimento di
qualsiasi equilibrio.
Quindi caro Oliviero Toscani si liberi dei suoi paraocchi, vedrà che
poi si sentirà davvero in pace con se stesso e comincerà a vedere la
realtà oltre l'apparenza ...forse le si svelerà un mondo sconosciuto...
noi invece care amiche e compagne d' avventura
LIBERiAMOci
dai luoghi comuni del rossetto e dei tacchi e usciamo allo scoperto facendo sentire la nostra voce!
Un grazie a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggermi fino a qui.
Soprattutto agli uomini che hanno tolto i paraocchi.
Valentina Meloni
FONTI E ARTICOLI CORRELATI
-Barbara Spinelli, Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Franco Angeli, 1ª edizione 2008, Milano, pp. 208, ISBN 9788846498458.
-B.Friedan, La mistica della femminilità, ed. Castelvecchi, 2012.