giovedì 20 novembre 2014

ETERNIT, la giustizia italiana colpisce ancora

La sentenza di prescrizione in favore dell'Eternit sulla questione dell'AMIANTO, che sta uccidendo Casale Monferrato e molte altre regioni del paese, apre uno squarcio nel sistema "imprenditoriale" italiano, perché revoca alla magistratura quel consueto ruolo di "supplenza" e mediazione sociale (che non é la sua terzietà, ma in Italia ha funzionato, talvolta) in assenza di un vero interlocutore politico, sia Aziendale (come da Costituzione) o Amministrazione che dir si voglia, pronto ad assumersi le Pubbliche responsabilità che la questione pone.
La sentenza di prescrizione in favore dell'Eternit sulla questione dell'AMIANTO, che sta uccidendo Casale Monferrato e molte altre regioni del paese, apre uno squarcio nel sistema "imprenditoriale" italiano, perché revoca alla magistratura quel consueto ruolo di "supplenza" e mediazione sociale (che non é la sua terzietà, ma in Italia ha funzionato, talvolta) in assenza di un vero interlocutore politico, sia Aziendale (come da Costituzione) o Amministrazione che dir si voglia, pronto ad assumersi le Pubbliche responsabilità che la questione pone.
Perché la lunga LOTTA SOCIALE del piccolo centro di Casale, ha messo al centro alcune crucialità, sistemiche, nel modello "sviluppista" che si é imposto in Italia durante il corso dell'industrializzazione forzosa del secondo dopoguerra, e i danni ai lavoratori e all'ambiente, se hanno generato procedimenti giudiziari hanno finito per stabilire la non punibilità dei datori di lavoro. Anche il caso ILVA, guardato da vicino, su cui tanto gossip si é speso e speculato da destra, non conferma altro, e infatti sul patibolo é stato messo l'unico amministratore (Nichi Vendola) che coraggiosamente ha sfidato la famiglia Riva fino ad allora impunita, e non il sistema d'Impresa cui questo era e resta espressione, dalla sua latitanza.
Ovvero, non si é ancora celebrata la giustizia di quei 3.000 morti di mesotelioma di Casale (e non diciamo di tutti quelli che verranno ancora!) non solo per le ENORMI PROPORZIONI SOCIALI DEL DANNO, che certo imporrebbero una rivisitazione degli stessi assetti imprenditoriali di alcune importanti "spettabili ditte", ma anche una messa al centro DEL CONTO DEI COSTI AMBIENTALI dell'intero sistema di produzione e con ciò non di meno, negli "oneri sociali" disattesi per decenni grazie ad arcaiche connivenze istituzionali che hanno sempre privilegiato il lavoro sporco di scaricare i costi sul lavoro, per guadagnare competitività sul mercato, piuttosto che investire in innovazione e progresso.
La denuncia degli operai e dei loro familiari morti in quella che possiamo chiamare moderna strage degli innocenti, non ha colpito solo la grande fabbrica infatti, perché le vittime principali sono i lavoratori, ma non secondarie o minori sono le morti di donne e bambini e anziani parenti; perché l'amianto non smetterà di mietere vittime in tutto il Paese finchè non si BONIFICHERA' il territorio infestato nei lughissimi decenni trascorsi per il suo massiccio uso sia edile che in lavorazioni industriali.
I Martiri di Casale sono da considerare morti sul lavoro, le vittime dell'amianto sul territorio morti civili?
O forse lo Stato di morte civile, é quello raggiunto da una classe intera, quella imprenditoriale, in combutta con un ceto politico che ha governato dissennatamente a scopo di profitto negli ultimi 60 anni.
Una classe imprenditoriale talmente avara e incline alla spoliazione e alla rendita, da aver selezionato finemente la competizione con edulcoranti come la Mafia e l'uso sistematico delle corruttele clientelari.
D'altronde in Italia lavorando si resta poveri...ma non é che non circoli i denari.
Quella, un'intera classe imprenditoriale corrotta e indolente, che non può assolvere la Magistratura non solo perchè non é suo precipuo compito istituzionale (é il Corpo dello Stato più conservatore che ci sia, ricordo nel caso a qualcuno sia sfuggito, di passaggio, il senso di uno Stato tripartito), perché é il giudizio politico di un intero paese che attende.
E non col silenzio lugubre di una giornata di lutto nazionale, ma nell'unica maniera che può fare chi non vuole dimenticare: continuando la lotta per la verità e la giustizia di chi purtroppo, poiché ci ha preceduto, troppo presto ci ha lasciato e non può più parlare.
Nel frattempo vale la pena di ricordare 
che il fischio delle vittime di Casale, 
non ci lascerà dormire...

Perché la lunga LOTTA SOCIALE del piccolo centro di Casale, ha messo al centro alcune crucialità, sistemiche, nel modello "sviluppista" che si é imposto in Italia durante il corso dell'industrializzazione forzosa del secondo dopoguerra, e i danni ai lavoratori e all'ambiente, se hanno generato procedimenti giudiziari hanno finito per stabilire la non punibilità dei datori di lavoro. Anche il caso ILVA, guardato da vicino, su cui tanto gossip si é speso e speculato da destra, non conferma altro, e infatti sul patibolo é stato messo l'unico amministratore (Nichi Vendola) che coraggiosamente ha sfidato la famiglia Riva fino ad allora impunita, e non il sistema d'Impresa cui questo era e resta espressione, dalla sua latitanza.
Ovvero, non si é ancora celebrata la giustizia di quei 3.000 morti di mesotelioma di Casale (e non diciamo di tutti quelli che verranno ancora!) non solo per le ENORMI PROPORZIONI SOCIALI DEL DANNO, che certo imporrebbero una rivisitazione degli stessi assetti imprenditoriali di alcune importanti "spettabili ditte", ma anche una messa al centro DEL CONTO DEI COSTI AMBIENTALI dell'intero sistema di produzione e con ciò non di meno, negli "oneri sociali" disattesi per decenni grazie ad arcaiche connivenze istituzionali che hanno sempre privilegiato il lavoro sporco di scaricare i costi sul lavoro, per guadagnare competitività sul mercato, piuttosto che investire in innovazione e progresso.

La sentenza di prescrizione in favore dell'Eternit sulla questione dell'AMIANTO, che sta uccidendo Casale Monferrato e molte altre regioni del paese, apre uno squarcio nel sistema "imprenditoriale" italiano, perché revoca alla magistratura quel consueto ruolo di "supplenza" e mediazione sociale (che non é la sua terzietà, ma in Italia ha funzionato, talvolta) in assenza di un vero interlocutore politico, sia Aziendale (come da Costituzione) o Amministrazione che dir si voglia, pronto ad assumersi le Pubbliche responsabilità che la questione pone.
Perché la lunga LOTTA SOCIALE del piccolo centro di Casale, ha messo al centro alcune crucialità, sistemiche, nel modello "sviluppista" che si é imposto in Italia durante il corso dell'industrializzazione forzosa del secondo dopoguerra, e i danni ai lavoratori e all'ambiente, se hanno generato procedimenti giudiziari hanno finito per stabilire la non punibilità dei datori di lavoro. Anche il caso ILVA, guardato da vicino, su cui tanto gossip si é speso e speculato da destra, non conferma altro, e infatti sul patibolo é stato messo l'unico amministratore (Nichi Vendola) che coraggiosamente ha sfidato la famiglia Riva fino ad allora impunita, e non il sistema d'Impresa cui questo era e resta espressione, dalla sua latitanza.
Ovvero, non si é ancora celebrata la giustizia di quei 3.000 morti di mesotelioma di Casale (e non diciamo di tutti quelli che verranno ancora!) non solo per le ENORMI PROPORZIONI SOCIALI DEL DANNO, che certo imporrebbero una rivisitazione degli stessi assetti imprenditoriali di alcune importanti "spettabili ditte", ma anche una messa al centro DEL CONTO DEI COSTI AMBIENTALI dell'intero sistema di produzione e con ciò non di meno, negli "oneri sociali" disattesi per decenni grazie ad arcaiche connivenze istituzionali che hanno sempre privilegiato il lavoro sporco di scaricare i costi sul lavoro, per guadagnare competitività sul mercato, piuttosto che investire in innovazione e progresso.
La denuncia degli operai e dei loro familiari morti in quella che possiamo chiamare moderna strage degli innocenti, non ha colpito solo la grande fabbrica infatti, perché le vittime principali sono i lavoratori, ma non secondarie o minori sono le morti di donne e bambini e anziani parenti; perché l'amianto non smetterà di mietere vittime in tutto il Paese finchè non si BONIFICHERA' il territorio infestato nei lughissimi decenni trascorsi per il suo massiccio uso sia edile che in lavorazioni industriali.
I Martiri di Casale sono da considerare morti sul lavoro, le vittime dell'amianto sul territorio morti civili?
O forse lo Stato di morte civile, é quello raggiunto da una classe intera, quella imprenditoriale, in combutta con un ceto politico che ha governato dissennatamente a scopo di profitto negli ultimi 60 anni.
Una classe imprenditoriale talmente avara e incline alla spoliazione e alla rendita, da aver selezionato finemente la competizione con edulcoranti come la Mafia e l'uso sistematico delle corruttele clientelari.
D'altronde in Italia lavorando si resta poveri...ma non é che non circoli i denari.
Quella, un'intera classe imprenditoriale corrotta e indolente, che non può assolvere la Magistratura non solo perchè non é suo precipuo compito istituzionale (é il Corpo dello Stato più conservatore che ci sia, ricordo nel caso a qualcuno sia sfuggito, di passaggio, il senso di uno Stato tripartito), perché é il giudizio politico di un intero paese che attende.
E non col silenzio lugubre di una giornata di lutto nazionale, ma nell'unica maniera che può fare chi non vuole dimenticare: continuando la lotta per la verità e la giustizia di chi purtroppo, poiché ci ha preceduto, troppo presto ci ha lasciato e non può più parlare.
Nel frattempo vale la pena di ricordare 
che il fischio delle vittime di Casale, 
non ci lascerà dormire...

La denuncia degli operai e dei loro familiari morti in quella che possiamo chiamare moderna strage degli innocenti, non ha colpito solo la grande fabbrica infatti, perché le vittime principali sono i lavoratori, ma non secondarie o minori sono le morti di donne e bambini e anziani parenti; perché l'amianto non smetterà di mietere vittime in tutto il Paese finchè non si BONIFICHERA' il territorio infestato nei lughissimi decenni trascorsi per il suo massiccio uso sia edile che in lavorazioni industriali.
I Martiri di Casale sono da considerare morti sul lavoro, le vittime dell'amianto sul territorio morti civili?
O forse lo Stato di morte civile, é quello raggiunto da una classe intera, quella imprenditoriale, in combutta con un ceto politico che ha governato dissennatamente a scopo di profitto negli ultimi 60 anni.
Una classe imprenditoriale talmente avara e incline alla spoliazione e alla rendita, da aver selezionato finemente la competizione con edulcoranti come la Mafia e l'uso sistematico delle corruttele clientelari.
D'altronde in Italia lavorando si resta poveri... ma non é che non circolino i denari.
Quella, un'intera classe imprenditoriale corrotta e indolente, che non può assolvere la Magistratura non solo perchè non é suo precipuo compito istituzionale (é il Corpo dello Stato più conservatore che ci sia, ricordo nel caso a qualcuno sia sfuggito, di passaggio, il senso di uno Stato tripartito), perché é il giudizio politico di un intero paese che attende.
E non col silenzio lugubre di una giornata di lutto nazionale, ma nell'unica maniera che può fare chi non vuole dimenticare: continuando la lotta per la verità e la giustizia di chi purtroppo, poiché ci ha preceduto, troppo presto ci ha lasciato e non può più parlare.

Nel frattempo vale la pena di ricordare che il fischio delle vittime di Casale, non ci lascerà dormire...

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